Materiali a contatto con gli alimenti: come opera l’FDA
La Food and Drug Administration (FDA) è l’organismo preposto al controllo e alla regolamentazione di prodotti alimentari e farmaceutici che opera in seno al Dipartimento della Salute degli Stati Uniti. Gli Usa sono peraltro da sempre un mercato strategico per tutti i costruttori di macchine destinate ai settori alimentare e farmaceutico, per i quali è fondamentale progettare soluzioni che rispettino le normative FDA. L’avvocato statunitense Jeffrey A. Keithline, partner dello studio Keller and Heckman, ne ha parlato di recente nel corso di un convegno a tema, ospitato presso la sede di Ucima.
Materiali a contatto con gli alimenti: definizioni e normative
L’FDA definisce i materiali suscettibili di contatto con gli alimenti - tra cui gli imballaggi - come “additivi alimentari” (food additives).
Tali materiali vengono regolamentati dal Federal Food, Drug and Cosmetic Act: una serie di leggi promulgate dal Congresso degli Stati Uniti per tutelare la sicurezza di cibo, farmaci e cosmetici, che riguarda «ogni sostanza il cui impiego può portare - o si ritiene possa portare - la sostanza stessa a diventare parte del cibo (…), nei casi in cui tale sostanza non sia considerata sicura».
La definizione considera nello specifico quelle sostanze che vengono utilizzate per «produrre, confezionare, processare, preparare, trattare, impacchettare, trasportare o contenere il cibo». Altrettanto importante è la definizione di “cibo adulterato” che, secondo l’FDA è «quello che sostiene o contiene qualsiasi tipo di sostanza dannosa o velenosa, oppure additivi alimentari non autorizzati», che vengono regolamentati dal Food additive regulations.
Tra i materiali suscettibili di contatto presi in esame rientrano carta, plastica e gomme, con particolare riferimento al loro impiego nelle fasi di confezionamento. Alcune normative riguardano particolari fasi del processo (come l’incollaggio o il rivestimento) mentre altre considerano nello specifico i vari materiali (per esempio polistirolo, coloranti e detergenti), considerandone sia l’impiego estemporaneo che quello continuativo. Le normative FDA che regolano gli additivi alimentari indiretti (FCS o “food contact substances”) possono cambiare ma, solitamente, mantengono una struttura che ne esplicita e limita l’utilizzo, declinando la lista degli adiuvanti concessi, stabilendo al contempo il tipo e la metodologia di test a cui il materiale dev’essere sottoposto in fase di controllo.
Tipologie dei materiali disciplinati e normative
Particolare attenzione è data alle resine e ai polimeri di copertura, disciplinate dal C.F.R. (Code of Federal Regulation) nr. 21, sezione 175.300, che vengono listati e analizzati nei casi in cui vadano a rivestire componenti, metallici o meno, esaminandone la reazione a contatto con una serie differente di sostanze. Anche l’utilizzo delle gomme viene regolamentato e disciplinato (C.F.R. 21, sezione 177.2600), prendendo in esame sia quelle naturali che quelle sintetiche e declinandone gli utilizzi consentiti (per esempio la produzione di cinghie, tubazioni flessibili o guarnizioni) e quelli non ammessi (la produzione di packaging di alimenti). Grande importanza è data anche ai lubrificanti che possono entrare accidentalmente a contatto col cibo (C.F.R. 21, sezione 178.3570).
Il regolamento FDA considera sia i casi in cui i lubrificanti vengano a contatto con guarnizioni sia quelli in cui vengano utilizzati su parti della macchina direttamente esposte al contatto col cibo (è il caso dei nastri trasportatori). Le norme regolamentano in particolare il livello di residui concessi a seconda del tipo di materiale e superficie d’impiego, per esempio, i residui di lubrificante ammessi su componenti di metallo. Altri materiali considerati e disciplinati sono gli oli minerali (C.F.R. 21, sezione 178.3620), che possono o meno essere impiegati come lubrificanti e le membrane utilizzate nei processi di confezionamento (C.F.R. 21, sezione 177.2550), che devono garantire standard igienici elevati.
Food Contact Notification Program, le nuove procedure per gli FCS
Le sostanze a contatto con gli alimenti devono passare attraverso un processo denominato “Premarket Notification”, che rappresenta l’iter attraverso il quale l’FDA autorizza l’uso di additivi alimentari indiretti, a condizione che la loro concentrazione nella dieta sia inferiore a 50 ppb. Per questo, alla fine del ventesimo secolo è stato lanciato il Food Contact Notification Program: un programma per la notifica e la regolamentazione dei nuovi FCS, che tra il 2000 e il 2009 ha analizzato un totale di 924 sostanze (di cui il 76% sono state accettate). Negli ultimi anni, è stato però necessario definire un approccio che modificasse l’approvazione di tali sostanze, accelerandone l’eventuale immissione sul mercato. Oggi, l’FDA ha 120 giorni di tempo dalla data di ricezione di un dossier da parte di un organismo notificante per obiettare in merito alla documentazione ricevuta (che deve contenere informazioni chimiche, tossicologiche, ambientali e certificazioni varie), scaduti i quali l’FCN - salvo interventi dell’FDA - diventa effettivo. È comunque possibile utilizzare FCS anche se questi non hanno avuto approvazione da parte della FDA, nel caso per esempio di sostanze generalmente riconosciute sicure, dette “GRAS” (Generally Recognised As Safe) o che abbiano caratteristiche barriera capaci di impedire la migrazione di componenti. Esiste invece un vuoto di regolamenti relativo ai metalli in relazione al loro contatto coi cibi, per i quali, come da costume nel sistema legislativo anglosassone, si fa riferimento a sanzioni precedenti. Per esempio, nella Federal Register Notice emessa dall’FDA nel 1996 si stabilisce che l’alluminio, numerosi tipi di acciaio inossidabile e le lastre di stagno fanno parte dei GRAS.
Valutare gli eventuali livelli di contaminazione attenendosi alle GMP
Per le analisi sugli impianti a utilizzo alimentare, tese a valutare l’effettivo rischio di contaminazione, FDA consiglia simulazioni volte a raggiungere il 100% della migrazione, così da ipotizzare lo scenario peggiore possibile. Nel corso del suo intervento presso la sede di Ucima, l’avvocato Keithline ha riportato, a titolo esemplificativo, il caso di un’analisi compiuta sulla possibile contaminazione da parte di un grasso lubrificante in un nastro trasportatore montato su un impianto per il confezionamento di pollame.
Anche considerando un impiego della linea a ritmo continuato, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, ipotizzando una quantità totale di lubrificante a contatto con alimenti di mezzo kg ogni mese (lo scenario peggiore possibile), si otterrebbe comunque un valore di migrazione per ogni kg di cibo minimo, comunque inferiore al valore di riferimento di 50 ppb stabilito dall’FDA.
Tali analisi non devono ovviamente sostituire o prescindere dai test da compiersi sui macchinari e sui componenti che possono entrare a contatto coi prodotti da processare. Resta inoltre fondamentale il rispetto delle GMP (Good Manufacturing Practice): principi generali che garantiscano la produzione di prodotti e componenti sicuri, attraverso il rispetto di controlli definiti. Le GMP contemplano solitamente test per verificare la qualità del prodotto, procedure che valutino cambi nel processo per migliorare la qualità del prodotto e il mantenimento di registri e dati pregressi. Per quanto riguarda, nello specifico, l’FDA, le norme GMP stabiliscono che i quantitativi di sostanze non devono eccedere quelli ragionevolmente previsti per raggiungere gli scopi tecnici e che i materiali a contatto col cibo devono essere di una purezza tale da esser compatibili con l’utilizzo previsto, ma comunque in forma e quantità tali da non rappresentare alcun rischio per la salute.
Inoltre, non devono causare alterazioni in termini di gusto o colore ai cibi con cui vengono a contatto. È da sottolineare il fatto che l’eventuale approvazione di un additivo alimentare/FCS non sostituisce comunque quanto previsto dal Federal Food, Drug, and Cosmetic Act, che resta lo standard ultimo di riferimento.
La necessità di essere FDA Compliant
In definitiva, le macchine e i vari componenti impiegati sul mercato statunitense devono essere “FDA compliant” (in linea con le norme FDA). Tra i criteri da rispettare, è necessario che l’impianto e i suoi componenti siano realizzati secondo le citate GMP, che siano tecnicamente compatibili con l’utilizzo per cui sono stati concepiti, e che vengano destinati eslusivamente a tale utilizzo.
Da ultimo, permane l’obbligo che i componenti e i materiali FCS o “food addictive” non alterino o modifichino il sapore o l’odore del cibo con cui vengono a contatto.
A tutela delle norme di cui sopra, entrano in gioco una serie di enti certificatori, tra cui l’NSF International, facente capo alla Public Health and Safety Organization, e l’AMS (Agriculture Marketing Service) dipendente dall’USDA, il dipartimento dell’agricoltura statunitense. Entrambi hanno programmi specifici per il settore alimentare, e fissano standard di riferimento. Per esempio, in seno all’NSF troviamo il programma NSF/ANSI 2, dedicato ai componenti del settore food, che disciplina gli standard minimi di riferimento e i livelli di igiene richiesti per i materiali, il design e la costruzione di componenti che servano a manipolare e a processare il cibo.
Il programma NSF/ANSI 51, anch’esso applicato al settore food, è invece dedicato nello specifico agli apparati che avranno impiego all’interno di servizi commerciali (per esempio i distributori di bibite), prendendo in esame i materiali e i livelli di igiene richiesti per gli apparati stessi e per le componenti che ne fanno parte, quali tubazioni, guarnizioni e sigillanti.
Prodotto adulterato: definizione
Secondo la sezione 402 dell’FFDCA (Federal Food, Drug, and Cosmetic Act) un prodotto, sia esso cibo, farmaco o cosmetico, può definirsi “adulterato” quando:
- contenga sostanze velenose deleterie che rendano il cibo rischioso per la salute;
- contenga un additivo alimentare non approvato;
- consista, in parte o nella sua interezza, di sostanze putride o decomposte;
- sia preparato, confezionato o tenuto in condizioni anti-igieniche, potendo essere contaminato o reso pericoloso per la salute;
- il suo contenitore sia composto, in parte o nella sua interezza, da qualsiasi sostanza che renda il cibo o il prodotto velenoso o pericoloso per la salute.