Le sanzioni per i MOCA: opportunità di miglioramento

Il Decreto sanzionatorio D.Lgs. n. 29 del Febbraio 2017 può essere considerato un punto di svolta per un intero comparto industriale (produttori di film, trasformatori e produttori di imballaggi destinati al contatto con alimenti). Il parere di un addetto ai lavori (non privo di vis polemica) apre a un interessante dibattito. Benvenute le repliche e ulteriori contributi.

Da aprile è in vigore il decreto sanzionatorio n. 29 del 2017 della Repubblica Italiana. Che significa? Significa che il legislatore ha definitivamente recepito le disposizioni generali dei regolamenti EU/1935/2004, anche noto come regolamento PIM, EU/2023/2006, anche noto come GMP, imponendo sanzioni a chi non ne rispetti i requisiti.
Ha inoltre inglobato sanzioni anche a chi non attua le disposizioni dei regolamenti che costituiscono requisiti specifici, EU/1895/2005 (derivati epossidici), EU/450/2009 (materiali attivi e intelligenti), EU/282/2008 (plastica riciclata) e infine della EU/10/2011 (materiali a contatto con gli alimenti).
Un grande passo avanti per un legislatore che è stato sempre un po’ alla finestra, in attesa che le altre grandi nazioni esprimessero la propria opinione.
È un vero è proprio “breaktrough”. Sì, un punto di svolta, in un’Italia dove si fa ancora fatica a distinguere tra certificazioni facoltative (ISO 9001, BRC/IoP, ISO 22000, etc.) e disposizioni di legge.
In un’Italia dove basta dire «lo chiede il Cliente» e anche la più assurda delle disposizioni viene recepita, malgrado non riguardi il settore di competenza… O, ancora, in un Paese dove anche le raccomandazioni emanate dalla Comunità Europea vengono viste come un atto disciplinatorio definitivo (vedasi l’ultima sugli oli minerali, ad esempio).
Trattiamo per un momento questo Decreto sanzionatorio non come un’imposizione, ma come un momento di riflessione per tutti “noi Italiani” per trarne beneficio.

Criteri generali
Come ogni decreto, anche il D.Lgs. n. 29 prevede sanzioni amministrative che, in questo caso, sono molteplici e commisurate alla tipologia di violazione. Possono raggiungere un tetto massimo di € 80.000.
L’autorità competente a irrogare le sanzioni è diversa in relazione alla Regione (disomogeneità di applicazione sul territorio dello Stato).
Entriamo quindi subito nel merito, interpretando alcuni articoli importanti che costituiscono il decreto.

Per consentire i controlli, è obbligatorio registrarsi, ma...
Partiamo, per esempio, da quanto contenuto nell’articolo 6, commi da 1 a 4, DL N. 29/2017, sulla Violazione delle norme sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari di cui al regolamento (CE) n. 2023/2006.

Dal comma 1 - Per consentire l’effettuazione di controlli ufficiali conformemente alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 882/2004 gli operatori economici dei materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti comunicano all’autorità sanitaria territorialmente competente gli stabilimenti che eseguono le attività di cui al regolamento (CE) 2023/2006, ad eccezione degli stabilimenti in cui si svolge esclusivamente l’attività di distribuzione al consumatore finale.

Dal comma 2 - Nel caso in cui l’attività posta in essere dall’operatore economico sia soggetta a registrazione o a riconoscimento ai sensi dei regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004 la comunicazione di cui al comma 1 è riportata nella medesima segnalazione.

Dal comma 3 -  Gli operatori economici che già operano provvedono all’adempimento di cui ai commi 1 e 2 entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

Dal comma 4 - Gli operatori economici che non adempiono agli obblighi previsti ai commi 1, 2 e 3 sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 1.500 a euro 9.000.

Bisogna registrarsi, dunque! E anche nel caso in cui l’operatore non esegua tale registrazione, è prevista, come si legge, una sanzione amministrativa pecuniaria. In pratica, il converter, il produttore di film, il produttore di imballaggi in generale, devono entro 120 gg comunicare all’ASL di competenza circa la propria attività.
Il problema sta nel fatto che le ASL territorialmente competenti non sono ancora a conoscenza di quanto impone il decreto legge.
In molti abbiamo contattato, attraverso comitati (Giflex ad esempio), i referenti del Ministero e delle ASL “centrali” per comprendere la dinamica di tale “registrazione”. Si prospetta, a breve, un modulo di registrazione ed intanto, siamo tutti in attesa di poter adempiere alla richiesta del legislatore.

Come accertare le infrazioni, se mancano i riferimenti alle metodiche analitiche da utilizzare?
Altro grande dubbio sorge quando si affronta l’Articolo 2: violazioni di cui all’art. 3 del Regolamento (CE) 1935/2004. E qui è un vero spettacolo! Studiamo quindi i dettami dell’Articolo 3 del Reg. 1935/2004, paragrafo 1, Reg. (CE) 1935/2004: “I materiali e gli oggetti, compresi i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di fabbricazione affinché, in condizioni d’impiego normali o prevedibili, essi non trasferiscano ai prodotti alimentari componenti in quantità tale da:
- costituire un pericolo per la salute umana;
- comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari;
- comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche.”
In questo caso, le sanzioni “molto dolci” sono relative all’infrazione dell’Articolo 2, comma 1, Decreto leg. N. 29/2017, che prevede ammende da euro 10.000 a euro 80.000; Infrazione dell’Articolo 2, comma 2, Decreto leg. N. 29/2017 ammende da euro 7.500 a euro 60.000; Infrazione dell’Articolo 2, comma 3, Decreto leg. N. 29/2017 sanzioni da euro 5.000 a euro 25.000.
L’Articolo 2 comma 1, fa proprio al caso nostro. È un buon campo di discussione: esiste infatti estrema sensibilità al problema ma mancano i presupposti per un’azione risolutiva.
Toccando la tematica dei NIAS, ci si vede esposti in maniera pericolosa a tale tipo di sanzioni. Infatti, non sono presenti riferimenti normativi sulle metodiche da utilizzare (né a livello nazionale e neppure a livello comunitario).
Vari gruppi di lavoro (e qui dobbiamo ringraziare Giflex per l’ottima iniziativa avviata) stanno lavorando per armonizzare le condizioni di estrazione e analitiche.
Sempre a livello comunitario mancano ancora studi tossicologici per identificare gli effetti sulle salute di alcuni NIAS, che purtroppo si possono sviluppare nostro malgrado durante processi di fusione, stampaggio, laminazione, reazioni collaterali, etc.
In buona sostanza, la probabilità che all’interno di un imballo vengano rinvenuti NIAS “strani” e di dubbia provenienza è veramente alta.
In tale ambito, la sinergia con i fornitori sta portando grandi risultati.
Come annunciato anche durante l’evento Manucor, NIAS Infoday, tenutosi a Milano, si sta lavorando molto con i più grandi fornitori di materie prime per abbattere i potenziali NIAS provenienti da additivi stabilizzanti di varia natura. È quindi una mission condivisa da molti.
Mancando però un riferimento analitico, ci si chiede a ragion veduta: cosa controlleranno le ASL e con quali metodi o strumenti?

Migliorare e documentare i controlli interni sul prodotto  
Altra faccenda cruciale è la documentazione del materiale, che deve essere sempre più dettagliata e non superficiale, descrivendo la natura dei prodotti usati in ogni minimo dettaglio. La rintracciabilità dei chemicals deve essere quindi totale. L’opportunità di miglioramento è da vedere anche in questo. Infatti, per quanto le aziende possano essere strutturate, i sistemi di rintracciabilità, tutti, sono ancora fallaci. Bisogna cogliere quindi questa occasione per ottimizzare al meglio i propri sistemi di controllo qualità e rintracciabilità, dalla materia prima al prodotto finito e viceversa.
È buona norma disporre di processi di rintracciabilità funzionali in entrambe le direzioni.
Arriviamo quindi all’Articolo 5 del D.Lgs. n. 29 relativo alla “Violazione degli obblighi in materia di rintracciabilità e di mancato ritiro dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari”.
Qui sono ripresi i concetti enunciati dall’Articolo 17 del regolamento (CE) n. 1935/2004 e dall’Articolo 7 Reg. (CE) 2023/2006.
Il primo, al paragrafo 2, recita: “Tenendo in debito conto la fattibilità tecnologica, gli operatori economici dispongono di sistemi e di procedure che consentono l’individuazione delle imprese da cui e a cui sono stati forniti i materiali e gli oggetti e, se del caso, le sostanze e i prodotti, disciplinati dal presente regolamento e dalle relative misure di applicazione, usati nella loro lavorazione. Tali informazioni sono rese disponibili alle autorità competenti che le richiedano.”
L’Articolo 7 Reg. (CE) 2023/2006 dice invece che:    
1. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un’adeguata documentazione su supporto cartaceo o in formato elettronico riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti.
2. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un’adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, relativa alle registrazioni delle varie operazioni di fabbricazione svolte che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti, e relativa ai risultati del sistema di controllo della qualità.
3. La documentazione deve essere messa a disposizione delle autorità competenti, qualora lo richiedano, da parte degli operatori del settore.”

Anche nel caso dell’Articolo 5, le sanzioni sono molto “salate” e possono raggiungere i 50.000 €. Quindi è necessaria la massima allerta e proattività nell’istituire un robusto sistema di rintracciabilità e una raccolta documentale completa e dettagliata secondo i requisiti generali suddetti.

Le violazioni ai requisiti di composizione
Non ultimo, in riferimento all’Articolo 8 del D.Lgs. n. 29 su “Violazione delle misure specifiche riguardanti i materiali e gli oggetti di plastica destinati a venire a contatto con gli alimenti ai sensi del regolamento (UE) n 10/2011”, bisogna ricordarsi l’Art. 4 e i relativi requisiti che riassumiamo come “requisiti di composizione”: solo le sostanze incluse nell’elenco dell’Unione delle sostanze autorizzate di cui all’allegato I possono essere intenzionalmente utilizzate nella fabbricazione degli strati di materia plastica in materiali e oggetti di materia plastica.
E rimandiamo anche all’Articolo 6 su “Deroghe per sostanze non incluse nell’elenco dell’Unione” che possono essere presenti negli strati di materia plastica di materiali o oggetti di materia plastica: a) sostanze aggiunte non intenzionalmente; b) sostanze ausiliarie della polimerizzazione.
Ricordiamo anche le disposizioni specifiche per determinati materiali e oggetti:
Le sostanze non figuranti nell’elenco dell’Unione o nell’elenco provvisorio di cui al paragrafo 2, lettera b), non devono appartenere alle seguenti categorie:
a) sostanze classificate come «mutagene», «cancerogene» o «tossiche per la riproduzione»;
b) sostanze in nanoforma.

Benefici ripensamenti
Insomma, analizzato articolo dopo articolo, il nuovo decreto sembra aprire a un nuovo mondo: un mondo del packaging dove - finalmente - insistono controlli e sanzioni e non solo certificazioni facoltative che, a lungo andare, vanno a finire nella consuetudine o nell’oblio.
È probabile che i controlli saranno attuati sulla base delle linee guida CAST o di una versione più approfondita, dove verranno inseriti nuovi indicatori. Anche quest’ultimo tema è ancora in fase di valutazione da parte degli esperti ed è bene “drizzare le antenne” facendo networking.
Vedere questo decreto come un’opportunità di miglioramento è davvero fondamentale. È possibile infatti revisionare lo stato dell’arte della propria azienda attraverso consulenti o dipendenti molto formati in materia e dare uno slancio al sistema nel raggiungere standard qualitativi sempre più alti, tutelando i propri interessi e gli interessi del consumatore.                                  
 
Armando Vaccaro
R&D Manager, Manucor SpA

 

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