Il riciclo? Un affare!

Il volume d’affari sviluppato dall’industria italiana del riciclo è pari a quello del settore cosmetico e superiore al tessile. Ma, soprattutto, cresce: il Conai ci spiega come e perché.

L’industria italiana della valorizzazione e della preparazione al riciclo è forte e qualificata, e guarda in avanti investendo risorse sempre maggiori con l’obiettivo di creare le condizioni per una “Società del riciclo”. Lo ha dichiarato e argomentato il direttore generale del Conai, Walter Facciotto, durante gli Stati Generali della Green Economy, riunitisi in occasione dello scorso Ecomondo. Entro il 2020 - ha anche ricordato Facciotto - dovrà essere riciclato il 50% dei rifiuti di carta, legno, plastica e vetro prodotti nel nostro Paese. Come? Attivando sistemi di raccolta differenziata dove non ancora presenti, sviluppando tecnologie e soluzioni sempre nuove per ridurre gli scarti derivanti dalle attività di trattamento, aumentando la resa della valorizzazione dei materiali raccolti a livello urbano e sviluppando il mercato dei prodotti a base di materiale da riciclo, ad esempio tramite il Green Public Procurement.

Conai si fa così portavoce di 4 degli 8 gruppi di lavoro che costituiscono gli Stati Generali, impegnati ad articolare una proposta programmatica per lo sviluppo della green economy nelle grandi aree tematiche dell’eco-innovazione, efficienza e risparmio energetico, fonti energetiche rinnovabili, riciclo dei rifiuti, mobilità sostenibile, filiere agricole di qualità ecologica, servizi ambientali e strumenti economici. L’intervento di Facciotto, in veste di coordinatore del gruppo focalizzato su “Sviluppo dell’ecoefficienza, della rinnovabilità dei materiali e del riciclo dei rifiuti”, si basa su alcuni presupposti socio-economici di rilievo.

Gli imballaggi: un vero tesoro. La filiera del riciclo e del recupero degli imballaggi si presenta come un settore industriale solido e strategico, e con un andamento positivo, in controtendenza rispetto all’economia generale: con un +7,1% di crescita del giro d’affari nel 2011 è  il volano della Green economy. La sua importanza aumenta proporzionalmente alla crescita della domanda di materie prime e della conseguente sempre maggiore importanza delle materie prime seconde da rifiuti. Il sistema consortile coordinato da Conai ha permesso di migliorare la qualità e aumentare in modo esponenziale la quantità dei materiali raccolti: in 15 anni il recupero complessivo di rifiuti di imballaggio è aumentato del 140%; oggi il 73,7% degli imballaggi immessi al consumo viene recuperato mentre solo il 26% viene avviato ad altre forme di smaltimento tra cui la discarica.
Il mercato delle materie da riciclo, che ormai risponde alle stesse logiche del mercato delle commodities, è in grado di creare ricchezza anche in termini di benefici ambientali collettivi. Grazie all’utilizzo delle materie prime seconde si riducono infatti le emissioni di CO2, l’impiego di materie prime, i consumi energetici e il ricorso alla discarica. Dal 1999 al 2011 la raccolta, il riciclo e il riuso dei materiali di imballaggio ha portato 11,1 miliardi di euro di benefici netti all’Italia: un vero e proprio tesoro, pari a una manovra finanziaria.

Comparazioni. Come già accennato, rispetto all’anno precedente nel 2011 il giro d’affari generato dal riciclo di imballaggi e relativo indotto ha registrato un incremento del 7,1% per un valore complessivo di 9,5 miliardi di euro. Si tratta di una crescita notevolmente superiore a quella del PIL nazionale, attestato a uno scarno 0,4%, e quello della produzione industriale, che è arrivata allo 0,1%.
L’importanza economica del riciclo di imballaggi si evidenzia anche nel confronto con altri tipi di industria italiana: l’eolica, ad esempio, rispetto a cui sviluppa un volume d'affari più che doppio, o fotovoltaica, che supera di oltre il 60%.
Nel 2011, il comparto del riciclo è stato secondo solo a quello delle energie rinnovabili, che ha superato nel 2012.  La sua dimensione è oggi superiore a quella di settori industriali ben più radicati nel sistema Paese: ben oltre quella del tessile, che ha raggiunto un  fatturato di 8,4 miliardi (fonte Centro Studi Moda Italia) ed equivalente all’industria cosmetica.   

Green economy: stato dell’arte
A fine 2012 è stato presentato il Rapporto “Green economy per uscire dalle due crisi”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dall’ENEA.
La prima parte dello studio fornisce un’analisi della “economia verde”, sulla base delle elaborazioni di UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente), OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), Unione Europea e Conferenza di Rio+20, con una particolare attenzione al patrimonio delle risorse culturali e ambientali. La seconda parte del rapporto ne analizza i settori strategici per lo sviluppo, anche sulla base di confronti internazionali, evidenziandone le potenzialità.
In estrema sintesi riportiamo alcune considerazioni che interessano il mondo dell’imballaggio.
• L’eco-innovazione è tra i principale driver dello sviluppo sostenibile. Secondo l’ultima rilevazione dell’Eco-innovation Scoreboard 2011, però, l’Italia è al sedicesimo posto nella classifica dell’Europa a 27 e, dunque, sotto la media: il nostro paese non produce eco-innovazione ma la importa.

Positive, invece, le certificazioni dei sistemi di gestione ambientale, la produttività energetica, l’intensità delle emissioni di gas serra, lo sviluppo del lavoro nelle eco-industrie dove è impegnata il 2,12% della forza lavoro contro la media europea dell’1,53%. Buono anche il bilancio della formazione, in cui l’Italia vanta ben 193 corsi universitari sulla green economy.
• In Italia la produzione di rifiuti urbani (RSU) cresce più del PIL e dei consumi; il metodo di smaltimento preferito è la discarica, che assorbe in media il 49% circa dei volumi (10 regioni, dalla Liguria alla Sicilia, mandano in discarica più del 60% dei rifiuti urbani). Nel resto d’Europa, invece, ci sono sei paesi a discarica zero o quasi zero, con tassi di riciclo pari al 60%.
In Italia il recupero di materiali si limita a un 33% medio, facendo dunque prospettare grandi potenzialità.
Lo studio dell’ENEA indica chiaramente che maggiore è la raccolta differenziata, minore è il costo di smaltimento dei rifiuti. Ecco qualche cifra: in Lombardia il tasso di RD è del 47% e la gestione di un kg di rifiuto costa 24,65 centesimi di euro; in Veneto  con il 56,2% di RD si spendono 25,88 centesimi; nel Lazio con il 17,8% di RD lo smaltimento dei rifiuti costa 31,84 centesimi e in Sicilia, dove la raccolta differenziata arriva solo al 7,1%, si spendono 29,83 centesimi/kg. Gli addetti occupati nella gestione dei rifiuti in Italia sono circa 120.000.

Gli Stati Generali della Green Economy sono stati promossi da un Comitato organizzatore composto da 39 organizzazioni di imprese rappresentative della green economy italiana, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente.
Obiettivo: articolare una proposta programmatica di sviluppo per le otto grandi aree tematiche (eco-innovazione, efficienza e risparmio energetico, fonti energetiche rinnovabili, riciclo dei rifiuti, mobilità sostenibile, filiere agricole di qualità ecologica, servizi ambientali e strumenti economici). Hanno coinvolto esperti e rappresentanti del mondo delle imprese, delle forze politiche e della società civile e si sono riuniti per la prima volta in occasione dello scorso Ecomondo-Key Energy 2012.

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