Il mercato italiano delle bevande (2014)

In relazione alla produzione globale di bevande (alcoliche e analcoliche), l’Italia si posiziona al quinto posto tra i paesi dell’Europa Occidentale, con una quota del 14% dopo Germania (22%), Gran Bretagna (20%), Francia (17%) e Spagna (16%). I numeri del confezionamento.

Il consumo europeo di bevande (alcoliche come vino, birra, superalcolici e analcoliche) varia sensibilmente da paese a paese, in funzione delle tipologie di prodotti.
Esistono, ovviamente, differenze di partecipazione al mercato a seconda delle diverse famiglie.
L’Italia, per esempio, detiene una posizione di preminenza in relazione all’acqua minerale con uno share del 64% circa e anche per quanto riguarda vino e spumanti, il nostro paese si piazza tra i primi tre produttori mondiali insieme a Francia e Spagna, con uno share del 16% circa.
Nella vasta area delle bibite (gassate, bevande piatte, succhi di frutta ed energy drink), con riferimento a un mercato globale europeo di circa 88 miliardi di litri, l’Italia detiene una quota del 7% circa.

Le bevande alcoliche tra il 2014-2015
Nel 2014, in Italia, sono stati prodotti 21.252 milioni di litri di bevande, di cui il 21,6% ha interessato l’area degli alcolici e il 78,4% gli analcolici.
A livello globale, dopo la contrazione produttiva del biennio 2008/2009 e la ripresa tra il 2010 e il 2011, le bevande alcoliche hanno vissuto una crisi significativa nel triennio 2012/2014, che ha interessato le esportazioni ma, in  particolare, la domanda interna. Va detto che anche gli altri paesi europei hanno subito i contraccolpi della situazione negativa.
Sempre nell’ambito delle bevande alcoliche, secondo un primo preconsuntivo relativo al 2015 del mercato italiano, si ipotizza una chiusura d’anno con  produzione in crescita dell’1%, guidata essenzialmente dal +3,5% circa delle esportazioni ma anche dalla domanda interna che dovrebbe evidenziare i primi sintomi di una ripresa.
Si ipotizzano, sempre per il 2015 e in relazione alle diverse tipologie bevande alcoliche, i seguenti trend produttivi: +0,5/1% circa per il vino, +2/3% per la birra, +0,5% per i super alcolici, +1-1,5% per i vermouth.

Le bevande analcoliche tra il 2014-2015
Gli analcolici hanno concluso il 2014 con una contrazione produttiva dell’1%, che si somma all’arretramento del 13% circa verificatosi nel 2013. Secondo un primo preconsuntivo, il  2015, dovrebbe esprimere un recupero intorno al 2-3%.
Il settore principale, in termini quantitativi, è quello dell’acqua minerale, che rappresenta il 72% della produzione globale, seguito dai soft drink gassati con uno share del 18%. La produzione delle bevande analcoliche continua a essere condizionata essenzialmente dalla domanda interna che, sul totale, copre il 90% circa della produzione.
Sempre in termini quantitativi risultano significativi solo i volumi esportati di acqua minerale, che coprono il 68% dell’export totale dell’area.  Inoltre, l’acqua minerale dovrebbe chiudere il 2015 con una crescita produttiva del 2% circa, a seguito di un incremento sia della domanda interna che delle esportazioni.  
I soft drink, legati essenzialmente al mercato interno, nel 2015 dovrebbero segnare una crescita del 6-7% circa, dopo il trend negativo del biennio 2013/2014.
Nel complesso, dopo un biennio di crisi, tutti gli altri settori dell’area bevande analcoliche (succhi di frutta, bevande energetiche, bevanda tè e bibite piatte di fantasia) sono riusciti a evidenziare nel 2015 un progressivo miglioramento del  trend evolutivo (in media +1,5-2,5%).

Dati sul confezionamento delle bevande
Alcolici. Il packaging, come noto, resta una variabile strategica nel settore delle bevande: oltre a proteggere il prodotto e consentirne la movimentazione, è in questo caso, un fondamentale strumento di marketing. Il mix del packaging relativo all’area delle bevande alcoliche vede in primo piano la bottiglia di vetro, sebbene siano diffuse anche altre tipologie di imballaggio.
Nel confezionamento del vino, per esempio, la bottiglia di vetro esprime uno share del 69%, il contenitore cellulosico poliaccoppiato dell’11%, il bag in box dell’11% e il restante 9% è suddiviso tra chiantigiane sia in PET che in vetro, bottiglie di PET e fustino (keg) per la distribuzione alla spina. E se il confezionamento della birra, per il 74%, riguarda la bottiglia di vetro a rendere + perdere, l’11% è imputabile alla lattina essenzialmente di alluminio  e il 15% interessa la distribuzione alla spina (in crescita tendenziale, data la preferenza espressa dalla ristorazione per la mescita).
La bottiglia di vetro rimane l’unica soluzione di imballaggio per super alcolici e  vermouth.

Analcolici. Molto più variegate le soluzioni di confezionamento adottate nell’area delle bevande analcoliche.
La bottiglia in PET è nettamente prevalente e in crescita tendenziale nei settori acqua minerale e bibite gassate.
La bottiglia in vetro continua a mantenere un’interessante posizione, in particolare nell’area dell’acqua minerale a “rendere”, dove si stanno diffondendo le bottiglie personalizzate sulla base delle necessità degli imbottigliatori. Il rendere è però circoscritto all’horeca.
Diversa la situazione se prendiamo in esame i consumi domestici, dove emerge un netto orientamento verso le bottiglie di PET anche per le forniture “porta a porta”.
La soluzione di imballaggio più diffusa nelle bibite gassate, dopo la bottiglia in PET, è la lattina di alluminio.
Nei succhi di frutta predomina il contenitore di cellulosa poliaccoppiata  sebbene, anche in questo caso, la bottiglia di PET risulti tendenzialmente in sensibile crescita.
In termini di confezionamento, la bottiglia di PET predomina anche nell’area delle bevande piatte come tè, bibite fantasia alla frutta ed energy drinks, dove però sono in buona posizione anche la lattina di alluminio e i bicchierini di plastica con top di alluminio easy peel.
Nell’area delle bevande analcoliche è utilizzato anche il cheerpack che, potenzialmente, ha buone possibilità di aumentare la propria diffusione.

Gli imballaggi usati per il confezionamento delle bevande continuano ad attuare azioni di prevenzione, in riferimento alle direttive sull’impatto ambientale: prosegue infatti la ricerca sulla riduzione dei pesi, senza intaccare ovviamente l’affidabilità del contenitore, e sull’impiego di materiali provenienti da riciclo.                                 

Plinio Iascone
Istituto Italiano Imballaggio

 

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