Dialogo e alleanze: il percorso di Atif
Rappresentatività, formazione, conoscenza e qualificazione in ambito flexo: Sante Conselvan affronta il secondo mandato da presidente dell’associazione italiana per la flessografia con l’obiettivo di dare solidità e continuità alle iniziative avviate nei tre anni precedenti.
Attivissimo, orientato all’apertura e alle alleanze: un “idealista concreto”, la cui vivacità si manifesta sotto traccia, come tenacia che garantisce continuità. Si presenta così il presidente di Atif, Sante Conselvan, giunto a un secondo mandato che lo impegna ancor più del primo «perché, come insegna la politica, consolidare è più difficile che iniziare».
Conselvan ha accettato l’incarico per senso di responsabilità nei confronti della community di riferimento, dove «tante persone che stimo mi hanno chiesto di far crescere quello che ho seminato in tre anni». Ma anche per seguire una passione sincera, agevolato dalla solidità di imprenditore maturo che permette di dedicare energie a progetti di interesse comune. Perché, soprattutto nel mondo globale, da soli si conta meno; a volte addirittura niente.
Quando ha accettato l’incarico di continuare a guidare Atif, ha espresso entusiasmo e, al tempo stesso, preoccupazione. Perché?
Perché la carne al fuoco è tanta e l’impegno intenso, ma anche perché dare solidità e prospettiva a un progetto già avviato comporta sempre una dose di rischio o, se vuole, di scommessa. L’appoggio e l’incoraggiamento degli associati sono stati decisivi così come il valore della posta in gioco, ovvero le prospettive di un’associazione chiamata a offrire servizi e vantaggi concreti agli operatori.
Dal canto mio, posso rilevare che le iscrizioni ad Atif crescono, la partecipazione alle diverse commissioni di lavoro pure, il Flexo Day è diventato un appuntamento atteso e sempre più partecipato, e con il concorso BestInFlexo siamo persino riusciti a convincere gli stampatori italiani, tradizionalmente schivi, a mettersi in gioco in un confronto di merito che porta dritti a Drupa, sul palco del premio europeo del 2016.
Quali sono i vantaggi che Atif prospetta ai soci e quali obiettivi si propone di raggiungere?
I progetti sono molti e diversi. Sul piano della formazione, ad esempio, potenzieremo l’offerta di corsi di aggiornamento avviati due anni fa e articolati in tre livelli (base, intermedio, e avanzato). Gli operatori li hanno apprezzati perché colmano un vuoto istituzionale e risolvono un reale problema di qualificazione del personale. Speriamo, così, di stimolare anche gli istituti grafici a riprendere l’iniziativa, integrando i programmi con indirizzi dedicati alla flessografia.
Ma, soprattutto, ora intendiamo intensificare l’offerta di corsi “su misura” da svolgere presso la singola impresa, che deve affrontare un problema di formazione su aspetti specifici del lavoro.
Inoltre, in collaborazione con le università, stiamo pensando di organizzare un corso teorico/pratico con esercitazioni sulle macchine.
Il Politecnico svedese di Sunne, ad esempio, che ci ha già dato la sua disponibilità a ospitare uno stage in lingua inglese, con partecipanti di varie nazioni.
In Italia non abbiamo strutture dove “fare pratica” e condurre esperimenti e test, come invece esistono in altre nazioni europee. A che punto è il progetto Atif di un Centro Tecnologico per la stampa flexo?
Si tratta di un obiettivo irrinunciabile, ma anche ambizioso e a lungo termine, che richiede spazi ad hoc, personale, tecnologia e, dunque, fondi consistenti.
Ora è più vicino, grazie all’alleanza che abbiamo stretto con l’associazione dei costruttori di macchine Acimga, con cui condividiamo progetto, strumenti e risorse e che, oltretutto, rappresenta una preziosa “finestra” su altre tecnologie di stampa: il dialogo fra specializzazioni si impone.
Nel frattempo, abbiamo messo a segno una serie di risultati concreti, che ci consentiranno a breve di essere autonomi su alcune attività di education e ricerca.
Durante l’ultima riunione di dicembre, infatti, il consiglio direttivo di Atif ha dato il via all’allestimento della struttura dove potremo seguire le fasi più tecniche dei corsi di formazione, oltre a sviluppare i lavori di ricerca e condurre i test messi a punto dall’associazione: abbiamo individuato la scuola in grado di ospitarci (la Fondazione Luigi Ripamonti di Como, Ndr), concordato l’impegno di consulenti qualificati e stanziato un budget per l’acquisto delle attrezzature.
Atif sta effettivamente svolgendo un ruolo trainante sia a livello internazionale che “domestico”...
Ad Atif viene ormai riconosciuto un background tecnico e professionale di alto livello, tanto da essere invitata a tenere relazioni ai convegni sulla flessografia, di recente anche in Australia e Polonia. Ma non solo: siamo anche apprezzati perché promuoviamo scambi culturali e alleanze, di cui tutti hanno bisogno.
Provo, per esempio, a mettermi nei panni di un funzionario della UE che deve scegliere se finanziare un progetto di portata nazionale o un piano di sviluppo che coinvolge tutti i Paesi federati nella FTA (la federazione europea della stampa flexo, di cui lo stesso Conselvan è presidente, Ndr)... Secondo voi, cosa deciderei?
Oltre che di formazione, Atif si è sempre occupata di sperimentazione, promuovendo attività di ricerca che si concretizzano nei cosiddetti Documenti - come quello sulle matrici presentato allo scorso Flexo Day. Questo impegno proseguirà?
Assolutamente sì. È un lavoro che porta alla condivisione di linguaggi e criteri, fornisce metodi obiettivi e, senza pretendere di insegnare la verità a nessuno, suggerisce una traccia da seguire per evitare brutte sorprese e strade senza uscita.
I Documenti Atif, ora in fase di aggiornamento, hanno permesso di fare grandi passi avanti, soprattutto in relazione ai passaggi più delicati della lavorazione flessografica. Intendiamo arricchirli con nuovi studi dedicati, ad esempio, a inchiostri e adesivi e agli aspetti salienti delle lavorazioni, che i converter stessi ci vorranno indicare.
Abbiamo inoltre iniziato un confronto con lavori analoghi messi in campo da associazioni simili alla nostra in altre parti del mondo - gli Usa ad esempio - con evidente beneficio reciproco.
Sperimentazione fa anche rima con standardizzazione…
Chiarire problemi e processi serve a creare standard condivisi a livello sovranazionale, tipicamente in sede UNI, di cui Atif fa parte. Un nostro inviato partecipa alle riunioni dell’ente di normazione, che in questo periodo è retto dalla Cina, come portavoce della cultura professionale italiana e delle esigenze dell’industria nazionale, per evitare che i nostri flessografi si trovino a operare in un universo di regole estranee. Queste regole - è bene ricordarlo - hanno un impatto concreto sul modo di lavorare nel mercato globale: un mercato dove gli utilizzatori di imballaggi chiedono una qualità e un servizio standard. Appunto.
Potremmo dire che il suo programma si basa sul dialogo e la condivisione.
Indubbiamente. Allargare il dialogo è il nostro impegno costante, per coinvolgere sempre di più sia i converter sia i loro fornitori e clienti, ma anche le università e i centri di competenze, le associazioni dei costruttori di macchine e i vari gruppi di specializzazione della galassia Assografici, a cui anche Atif fa riferimento. Infatti, per aiutare il trasformatore a lavorare meglio non possiamo occuparci solo di stampa in senso stretto, ma dobbiamo considerare anche materiali, lavorazioni accessorie, ambiente, emissioni e tutto quello che “ci sta intorno”. E magari anche accettare che la stampa digitale non è il “nemico” ma una tecnologia complementare, come molte altre su cui, dunque, è opportuno tenersi aggiornati. Cercando di immaginare, con la fantasia concreta di chi lavora, come sarà e cosa farà il flessografo di domani.