SITuazione & azione

Immaginare di arrivare a 300 milioni di fatturato; voler crescere per vie interne ed esterne; investire in uomini (ovviamente) ma anche (ovviamente) in strutture e tecnologia per ottimizzare produzione, organizzazione e supply chain. Un disegno complesso e audace, possibile da realizzare solo, come sostiene Simona Michelotti, fondatrice di SIT Group «grazie all'ottimismo che deriva dalla passione».

Stefano Lavorini, Luciana Guidotti

Mi ritrovo ancora una volta in una stanza spaziosa e silenziosa, seduto a un tavolo con persone che sono anzitutto felici di fare quello che stanno facendo.  Nel faccia a faccia con Simona Michelotti, la figlia Neni Rossini (dal 2018 presidente del SIT Group SpA) e l’amministratore delegato Claudio Carattoni, trovo conferma del fatto che si può vivere il presente, consapevoli del passato e riuscendo a immaginare il futuro… in questo caso di SIT Group.

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Ci credono fermamente tutti e tre e lo dimostrano illustrandomi i diversi progetti che si stanno concretizzando, seguendo una linea guida solo in apparenza semplice, ovvero «…fare bene quello che in precedenza era stato fatto meno bene e fare per la prima volta quello che prima era stato ignorato… dato che, in un’azienda nulla è irrilevante, nulla è immeritevole di una piena attenzione...»*.

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Lavori in corso a…
138 milioni di euro nel 2018, circa 600 persone attive in tre stabilimenti, con una capacità produttiva di 650 milioni di m2 di film stampati. Ma i numeri da soli non bastano a rendere giustizia di una realtà che, oltre a essere tra i maggiori operatori sul mercato del flexible packaging in Italia, esprime una capacità di visione e pragmatismo operativo fuori dal comune nell’attuare un piano di espansione industriale di ampio respiro, con l’intento di coniugare efficienza produttiva e capacità di relazione a livello globale, in particolare con i grandi gruppi multinazionali del food.

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Un’espansione subordinata alla chiarezza di idee, alla capacità di reinventarsi e, cosa non comune, a una solidità economica costruita nel tempo.
Si parla infatti di investimenti per 60 milioni di euro tra il 2018 e il 2020, messi in campo dalla proprietà, che coinvolgono a vari livelli i tre stabilimenti di Faetano a San Marino (anche sede dell’headquarter), Pesaro e Stanghella (PD), di cui sono stati di recente ridefiniti compiti e destini.
«Il nostro obiettivo è infatti di diventare un grande player europeo» sottolinea Claudio Carattoni. «Nel nostro business, d’altronde, l’interscambio tra continenti è irrilevante, in quanto i clienti richiedono prossimità fisica e velocità di servizio. Per questo motivo, sebbene stiamo ampliando e migliorando la capacità degli stabilimenti attuali, non escludiamo la possibilità né di acquisire converter specializzati in produzioni che completino la nostra offerta, né di eventuali investimenti in altre aree geografiche, considerando le esigenze di alcuni nostri clienti».  
Andiamo però con ordine.

… San Marino.
Come mi dice Neni Rossini «Tutto è partito dalla “vecchia” unità produttiva di Faetano del 1978, cresciuta, a colpi di ampliamenti successivi, dagli originari mille metri quadrati agli attuali 12 mila, considerando la nuova sede inaugurata nel 2015, a cui è collegata con un tunnel.
Eppure, i 4 mila metri quadri di uffici, il reparto d’incisione e il magazzino automatico cilindri, da soli non sono più adeguati ai programmi di sviluppo che ci siamo dati… Ecco perché stiamo costruendo in un’area contigua un secondo stabilimento di oltre 10 mila metri quadrati, dove non ricollocheremo nulla di quanto abbiamo attualmente in produzione.

Abbiamo infatti già acquistato ex novo le macchine da stampa rotocalco, un’accoppiatrice, tutte le attrezzature ausiliarie, compreso l’impianto di recupero solvente, nonché sistemi automatici per la movimentazione e lo stoccaggio dei materiali.
Il piano prevede di andare a regime con la produzione già a dicembre 2019. Ristruttureremo quindi la vecchia area produttiva, destinandola alle operazioni di finitura e... chissà a quali altri progetti».  

… Pesaro e Padova. Radicali cambiamenti anche per il sito marchigiano, acquisito da SIT nel 2006: con un paziente lavoro di anni, l’intera area, una volta suddivisa tra diverse proprietà, è stata infatti accorpata consentendo così di realizzare uno stabilimento all’avanguardia per razionalità e sicurezza. In totale 22 mila metri quadri, di cui 14 mila coperti.

«Pezzo a pezzo, abbiamo costruito in pratica una nuova fabbrica molto efficiente, attrezzata con 4 macchine roto e 3 nuove flexo» interviene Simona Michelotti. «Inizialmente, avevamo pensato di specializzare le nostre società in base alla tecnologia di stampa, ma il crescente interesse di grandi end-user nei confronti della flexo, ci ha fatto cambiare idea. Inoltre, in questo modo, abbiamo il grande vantaggio di avere un back up su due siti produttivi, anche per quanto riguarda la stampa flessografica».
Resta infatti fermo il fatto che a Padova si continuerà a fornire il mercato locale con imballaggi stampati in flexo, grazie alla grande reattività e attitudine al servizio espressa in questi anni dall’azienda.

Essere e non solo avere
Tanto, però, non basta ancora per costruire un progetto di futuro. Bisogna saper cambiare insieme al mercato che cambia, facendo un grande lavoro, meno visibile, forse, ma fondamentale.
Non ha dubbi Claudio: «Dibattiamo da anni sui temi della supply chain evoluta, e sui cambiamenti dei modelli organizzativi e di relazione con i clienti: la competitività la si fa certo sui prezzi, ma soprattutto creando processi di valore, ad esempio implementando modelli di planning collaborativo con i principali clienti e fornitori e realizzando hub logistici con partner esterni, per migliorare trasporti e tempi di consegna. Il che consente di ottimizzare la produzione, a patto di informatizzare il sistema di gestione e di investire in nuove professionalità.
Parimenti, cresce la richiesta di servizi a maggior valore aggiunto da parte dei grandi gruppi, il che, per esempio, ci ha portato a investire molto in ricerca e sviluppo sui materiali da imballaggio, ma anche a inserire in azienda una persona come Dario Dainelli, Policy & Regulatory Affairs Executive, esperto di fama internazionale per i temi di regolatorio, normative food contact e sostenibilità.
Insomma, bisogna saper far fronte all’inevitabile aumento dei costi struttura pur restando competitivi, così da migliorare la reputazione dell’azienda e il livello di soddisfazione dei clienti».  
Una strada che obbliga a crescere dimensionalmente, sia per vie interne che esterne.  
«Per questo motivo - interviene Neni - immaginiamo, restando indipendenti, uno sviluppo ragionato e sostenibile del fatturato fino a raggiungere una massa critica più consistente, di cui una parte derivante anche  da processi di acquisizione, a cui ci stiamo già dedicando».
«Obiettivo certamente non scontato, ma che nasce dalla voglia di dare continuità all’impresa nel tempo a venire. Non è facile prevedere come cambierà il mondo e proprio per questo ho lavorato per mettere l’azienda nella condizione di affrontare il futuro» chiosa Simona, fedele alla sua storia di imprenditrice coraggiosa e determinata.

Qui termina l’incontro. Però, lasciando la SIT, mi porto dentro un senso di serenità e di misura, emozioni alle quali mi sto, ahimè, disabituando.
Una bella sorpresa, che ritorna!

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