Marca del Distributore e Marca Industriale

Numeri e strategie di settori sempre più orientati verso imballaggi sostenibili e funzionali, che piacciono ai consumatori. a cura di Riccardo Ceredi

Crescono le vendite di prodotti a marchio industriale (MI), restano stabili quelli a marchio del distributore (MDD), che hanno comunque portato a un risparmio di 1,8 miliardi di euro nei portafogli degli Italiani.
Sia in ambito MDD che MI si rilevano tendenze comuni, in primo luogo la sempre maggiore considerazione verso aspetti quali sostenibilità ed ergonomia del packaging, caratteristiche che dipendono fortemente da un attento lavoro di design e da processi produttivi sempre più evoluti.

I risultati di mercato e le differenze

La sintesi dei dati del Rapporto sulla Marca del Distributore 2016, presentato nel contesto della fiera Marca (by BolognaFiere, 13-14 gennaio 2016), conferma una tendenza alla stabilità nelle vendite dei prodotti MDD, che coprono oggi il 17% delle vendite nel Largo Consumo; le Marche Industriali (MI) continuano comunque a farla da padrone, con l’83% del volume totale di venduto. Nel 2015 le vendite dei prodotti MI hanno infatti registrato un segno positivo sia a valore (+2,3%) che a volume (+2,8%), mentre per quanto riguarda la MDD, se le vendite a valore tornano a crescere (+0,1%), quelle a volume sono ancora negative (-1,5%).
La percentuale sale però se si considerano i soli discount, dove i prodotti a Marca del Distributore coprono il 53% delle vendite. E se frutta e verdura restano il comparto di maggior valore della MDD, con il 30,5% del venduto, allo stesso tempo hanno registrato, insieme ai prodotti pet care, anche la maggior perdita, scendendo di 0,8 punti.
Durante i due giorni della kermesse bolognese, particolare risalto è stato dato alle indagini svolte da IRI in merito alle abitudini dei consumatori, intervistati nei punti di vendita di venti principali brand MDD di riferimento (catene come Coop, Conad, Auchan, Carrefour etc.), per capire quali fattori siano stati e siano determinanti in fase d’acquisto.
Facendo un confronto tra MI e MDD, salta agli occhi il fatto che, seppure le vendite assolute non abbiano subito impennate, è invece cresciuta la fiducia da parte di chi compra prodotti a marchio del distributore: tra i consumatori italiani che acquistano tali tipi di prodotti, infatti, il 49% lo fa con alta frequenza e un restante 40% con frequenza media.

Quali motivi spingono a comprare i prodotti MDD? Se la convenienza rimane l’aspetto determinante (fondamentale per oltre il 72% dei consumatori), altri elementi importanti risultano essere la qualità del prodotto (68%), la sicurezza e la certificazione (64%), la funzionalità (52%) e la sostenibilità (49%).
Si tratta di dati che non differiscono in maniera sensibile tra i vari settori: anche chi si affida alle marche industriali mette in luce desideri e comportamenti analoghi.
Particolarmente interessanti risultano essere poi le aspettative in fatto di imballi e packaging del prodotto: un contesto ricco di sfaccettature, ma contraddistinto da trend ben definiti.

I temi trainanti: voglia di sostenibilità
Oggi più che mai, tra gli argomenti dominanti, emerge quello dell’impatto sull’ambiente, che ha subito una particolare impennata negli ultimi tre anni: se i dati del 2011 parlano di un interesse pari al 28%, oggi siamo al 50% sul solo territorio nazionale; se allarghiamo poi la lente al contesto globale, la percentuale sale al 66%.
Si tratta di una materia particolarmente cara soprattutto ai più giovani: le fasce d’acquisto maggiormente interessate alle tematiche “green” sono infatti quelle tra i 20 e i 35 anni e la cosiddetta “generazione Z”, ovvero quella dei nati tra il 1996 e il 2000.  
Quest’ultima fascia di giovanissimi, che spesso non investe in prima persona negli acquisti, risulta essere però di particolare importanza, perché raggruppa i consumatori del futuro ed è quindi una cartina al tornasole per i trend degli anni a venire.

Più premium e bio, meno primo prezzo. In sintesi, in tutta la GDO, il tema della sostenibilità è forte al punto da giustificare, da parte del consumatore, un esborso maggiore.
Non a caso, la crescita più significativa delle vendite si osserva, tanto in ambito MDD che MI, nelle gamme di prodotti “premium” e “bio” (nella MDD l’aumento è rispettivamente del 13% e dell’11%), ossia quelli su cui vengono fatti maggiori investimenti a livello di packaging design, sia in termini di shelf life del prodotto sia in relazione all’ergonomia e alla “smaltibilità” della confezione.  
Sensibile invece la flessione dei prodotti a “primo prezzo”, ossia quelli con il prezzo più basso esistente per ciascuna categoria di prodotti, che subiscono una contrazione delle vendite del 38,0% a valore e del 41,3% a volume. Questo, è dovuto in parte alla minore qualità percepita del prodotto e, in parte, alle caratteristiche (reali o percepite) di minor praticità e sostenibilità della confezione.

In relazione a quest’ultimo aspetto, è infine necessario fare una distinzione tra i casi in cui l’imballaggio (e il materiale di cui è composto) è mandato al riciclo e quelli in cui è destinato al recupero energetico.
Secondo gli ultimi dati divulgati da Conai, i materiali che vengono ri-utilizzati in maniera integrale sono l’acciaio e il vetro, mentre alluminio e carta vengono recuperati per il 70% e per il restante 30% vengono avviati a recupero energetico. Emblematico il caso della plastica, che viene in prevalenza destinata a quest’ultimo utilizzo.
Un elemento di difficoltà interviene nei casi in cui vi siano imballaggi composti da più elementi, che creino difficoltà nell’utente al momento dello smaltimento.
Si pensi, ad esempio, al caso di una lattina d’olio, che potrebbe avere il corpo del contenitore di alluminio e il tappo e l’elemento interno in plastica. Una delle sfide per i produttori, è quindi quella di creare imballaggi sempre più predisposti al riciclo anche in ragione del fatto che, al di là del confronto tra prodotti MDD e MI, le vendite e i consumi dei prodotti confezionati sono tornati a crescere, invertendo il trend del biennio 2013-2014, segnando un +1,9% a volume e un +2,6% a valore.    

Il packaging che fa bene alla GDO

L’ADI Packaging Design Award, tenutosi in seno a Marca, ha ulteriormente confermato l’attenzione verso soluzioni pratiche, innovative e green. La giuria del concorso ha selezionato, per il settore food, “Oneglass”, contenitore monodose per vino prodotto dall’omonima azienda veronese. Si tratta di un formato da 100 ml, leggero, indistruttibile e tascabile, studiato per contenere una quantità ottimale di prodotto, da utilizzare qualora aprire una bottiglia sarebbe uno spreco. Realizzato con carta (75%), polietilene (20%) e alluminio (5%), Oneglass mantiene inalterate le caratteristiche organolettiche di prodotti con differente gradazione alcolica (oltre al vino, è possibile confezionare anche cocktail).
Altri prodotti selezionati dalla giuria sono stati “Biomade”, un sistema di imballo alimentare completamente compostabile frutto degli studi della perugina Polycart e, in ambito non food, “Frozy Bag”, linea di borse termiche prodotte dall’azienda Friodis di Lucca e “Flower Fly Trap” del gruppo multinazionale Zobele. La menzione d’onore è infine andata al marchio europeo di solidarietà “NoLogo”.

• Significativo il caso di Tetra Pak, che ogni anno immette sul mercato oltre 4,5 miliardi di confezioni, gestendone il ciclo di vita con un approccio attento all’impatto ambientale. Il 90% degli imballaggi forniti dal gruppo svedese è infatti certificato FSC™ (Forest Stewardship Council), acronimo che contraddistingue le confezioni realizzate con cellulosa proveniente da foreste gestite in modo responsabile.
Lo scorso anno Tetra Pak ha lanciato Tetra Rex® Bio-Based, contenitore completamente rinnovabile, composto esclusivamente da plastica di origine vegetale e cellulosa (che ha vinto l’Oscar dell’Imballaggio 2015 per l’ambiente).

• Restando in tema di imballaggi di carta, altre realtà investono con convinzione nel packaging design e nella sostenibilità delle proprie soluzioni. È il caso di IPI (Perugia) parte del gruppo Coesia, impegnata nello sviluppo di imballaggi per il confezionamento asettico di prodotti liquidi in contenitori di cartoncino poliaccoppiato. L’azienda umbra utilizza a sua volta carta FSC e realizza confezioni predisposte per il riciclo, investendo al contempo nello studio di packaging ergonomici e dal  forte impatto visivo.
Esemplificativo, al riguardo, Caliz: confezione asettica in cartoncino multistrato per liquidi a lunga conservazione (latte, succhi di frutta, vino e passate di pomodoro), disponibile in numerosi formati, da 200 ml a 1.000 ml. Caliz è stato ideato per rispondere a un mercato in cerca di soluzioni sempre più distintive e funzionali. L’assenza di saldature sul lato superiore del contenitore agevola il posizionamento ottimale di tappi, anche nei formati monoporzione 200ml, rendendo la confezione adatta sia al consumo domestico sia a quello on-the-go. Infine, la struttura multistrato adottata protegge il prodotto dagli agenti esterni (luce, umidità, ossigeno e microrganismi) preservandone a lungo gusto e proprietà nutritive.

 

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