Il mondo in un bicchiere (di vino italiano)

Tra curiosità e manie, identikit dei nuovi consumatori globali di vino; i produttori devono conoscerne preferenze e caratteristiche, per calibrare al meglio la propria offerta.

vino_florio_moscato_web.png vino_Chianti_Classico_Riserva_web.jpg vino_Rosa_Regale_web.png vino_Brunello_web.jpg

I cinesi adorano le griffe, e anche nel vino ricercano l’idea di status symbol e lusso: insomma, Brunello di Montalcino e Barolo come Valentino e Prada. I brasiliani, amano sperimentare nuove etichette mentre i russi sono disposti a spendere grosse cifre.

È questo l’identikit, stilato da winenews.it, dei nuovi consumatori mondiali, potenziali mercati di riferimento del futuro per il vino made in Italy, di cui si parlerà a Vinitaly, rassegna internazionale di riferimento del settore di scena a Verona dal 7 al 10 aprile (www.vinitaly.com).
Il consumo mondiale di vino nel 2012 si è attestato a 245,2 milioni di ettolitri. In Europa, si è stabilizzato sui livelli del 2011, ma è fuori dai confini europei che il trend è positivo: negli Stati Uniti si dovrebbero raggiungere i 29 milioni di ettolitri (+5%) mentre la Cina ha registrato una crescita dei consumi pari al 9%. Si tratta ancora di consumi lontani da quelli europei, infatti agli oltre 37 litri italiani si contrappongono il litro scarso dei cinesi, i pochi centilitri degli indiani, il litro abbondante dei brasiliani o i circa 10 litri dei russi, ma in crescita continua. Si tratta comunque di dati spalmati su tutta la popolazione, la maggior parte della quale non beve vino. Nelle città di consumo, quelle principali e più ricche, dove si concentra chi beve vino, i consumi pro capite, infatti, si avvicinano a quelli di altri paesi consumatori.
 

Fra realtà e difficoltà da superare
Se è vero che le nuove potenze mondiali del Bric, rappresentano un bacino potenziale di miliardi di consumatori, è altrettanto vero che non è facile entrare in questi mercati, sia perché in alcuni casi si tratta di Paesi in cui il vino non fa parte della tradizione alimentare, sia perché il made in Italy si deve scontrare con competitor internazionali particolarmente agguerriti.

In Cina. Si tratta di uno dei mercati più promettenti e difficili al mondo. Qui il consumatore, nella grande maggioranza dei casi, è completamente estraneo, dal punto di vista storico e culturale, al consumo di vino.
Sono relativamente pochi anni che il vino è approdato in Cina ed è destinato, per il momento, a una piccola nicchia di nuovi ricchi, che ricercano uno status symbol di appartenenza allo stile di vita occidentale. È invece faticoso far entrare il consumo di vino nelle abitudini della classe media cinese, molto conservatrice.
Su un punto tutti i produttori italiani che stanno lavorando con la Cina sono concordi: i tempi di reazione al vino, quello italiano in particolare, sono lenti, perché i “vini-icona” sono soprattutto quelli francesi, presenti in Cina da oltre vent’anni, mentre le nostre etichette devono ancora accreditarsi definitivamente in questo senso. E ci vuole il sistema Italia a dare una mano, come ha fatto la Francia per i suoi produttori.

In Russia. Qui il caso è diverso: il consumatore di vini italiani appartiene aun target medio-alto e cosmopolita, residente in prevalenza nelle grandi città come Mosca e San Pietroburgo, e abituato a viaggiare, spesso in Italia. Anche per i russi le nostre etichette rappresentano uno status symbol, legato al lifestyle italiano. Grazie a frequentazioni assidue del nostro Paese, conoscono sempre più le denominazioni e i terroir di casa nostra e, anche se sono disposti a spendere grandi cifre, lo fanno sempre più con cognizione di causa: amano sfoggiare, quindi, ma non sono disponibili a farsi ingannare.

In Brasile. In questo Paese l’interesse per il vino sta crescendo lentamente, ma con costanza: qui le bevande tradizionali sono infatti la birra e la cachaça, rispettivamente con 54 litri e 11 litri pro capite annui, mentre il vino si attesta sui 2,5 litri a persona.
Il Brasile, essendo anche produttore, sta promuovendo azioni interne per incrementare il consumo responsabile di vino. A bere vino sono sicuramente i più abbienti, ma anche la nuova classe media, che prima non esisteva e che oggi è sempre più informata e preparata.
Rimane invece totalmente estranea al consumo di vino la grande massa della popolazione. Il vino italiano - l’Italia è il quarto esportatore in Brasile, con una quota di mercato del 14 per cento circa - gode di un’immagine privilegiata tra i consumatori brasiliani, anche per la vicinanza culturale con l’Italia, grazie ai molti immigrati provenienti dal nostro Paese. Il vino toscano fa la parte del leone, in particolare il Chianti, ma sono molto diffusi anche Prosecco e Lambrusco. Resta una criticità il pesante sistema di dazi che rende il mercato verdeoro tra più cari al mondo.

In India. Si tratta di un mercato che si è appena aperto al vino, e in cui il target dei consumatori è in espansione, anche se ancora di nicchia, soprattutto a causa di un elevatissimo sistema di tassazione che seleziona i potenziali acquirenti, appartenenti a una classe economica di livello molto alto.
Anche qui il vino si ordina e si beve soprattutto nei ristoranti e negli hotel di lusso, ma grazie alla lunga tradizione coloniale di stampo anglosassone le abitudini occidentali sono, rispetto alla Cina, molto più diffuse ed accettate.

* Da una nota del Servizio Stampa Veronafiere, emanata in occasione di Vinitaly (7 -10 aprile 2013, Verona), sulla base dello studio stilato da www.winenews.it.

Il nostro network