Testimone del tempo: Cosmopack 2017

Appunti e considerazioni su Cosmopack che, dal 16 al 19 marzo, ha portato a Bologna l’intera filiera cosmetica: dalle materie prime alla formulazione, dai macchinari al packaging, passando per la creatività di The Wall, il profumo della Factory e l’Industry 4.0. La parola al direttore della manifestazione, Rossano Bozzi.


Al di là di ogni retorica, quelli di Cosmopack 2017 sono stati giorni davvero intensi e fruttuosi. Per tutti, espositori e visitatori. Anzitutto vogliamo riferire di un sentiment positivo diffuso tra gli operatori, soddisfatti non solo dell’andamento della manifestazione in sé, ma del clima economico generalizzato, con prospettive di investimento a breve in mezzi e tecnologie.
Di fatto, il Salone specializzato di BolognaFiere Cosmoprof, sempre più e sempre meglio caratterizzato in senso tecnologico, ha potuto contare su presenze di eccellenza, con l’industria italiana capace di giocare un ruolo di primissimo piano.
A partire dalla rappresentazione on site offerta dalla Perfume Factory, dove era allestita una linea completa per la produzione del profumo dedicato ai 50 anni della manifestazione “madre” (Cosmoprof), risultato della collaborazione fra leader (ICR, Bormioli Luigi, Candiani, Aptar, Ima Group, Coven Egidio, Pusterla 1880, Industrial Box, Certiquality), coordinati dagli organizzatori della fiera.
Come spiega con fondata soddisfazione Rossano Bozzi «Cosmopack si è riconfermato evento unico nel panorama fieristico internazionale di settore, capace di offrire una sintesi di ciò che accade e accadrà nella filiera produttiva dei cosmetici: formulazioni con materie prime innovative, macchinari e tecnologie sempre più strategiche in un’ottica di smart manufacturing; e ancora, produzione conto terzi, soluzioni full-service e packaging a completare la gamma espositiva a disposizione dei visitatori che arrivano a Bologna da tutto il mondo. Abbiamo registrato la presenza dei brand del beauty di livello mondiale, alla ricerca di nuove soluzioni per il proprio business: stiamo parlando di top management, direttori acquisti e tecnici, team di sviluppo, brand manager, packaging designer, R&D e marketing. Perché a tutti gli effetti, nei 4 giorni di fiera, Bologna diventa un luogo di scambio di know how, dove emergono le linee guida e i trend dell’industria della bellezza del prossimo futuro».

Crocevia di scambi, senza dimenticare Industry 4.0.  
Cosmopack significa anche interazione tra culture e approcci al mercato differenti. Quali sono state dunque le novità più rilevanti per il comparto di questa edizione?
 «Crescente attenzione ai prodotti multi-etnici, anche certificati Halal o Kosher. Molte proposte in fatto di prodotti organic, green o vegan, che rimandano alla maggiore sensibilità verso la sostenibilità ambientale e sociale, diventata ormai un must anche per le aziende della bellezza. Sul fronte delle tecnologie produttive, registriamo poi che le realtà del comparto si propongono ormai come solution provider, capaci di soddisfare le esigenze di personalizzazione del prodotto espresse dai brand».
Al riguardo ricordiamo il contest internazionale “The Wall Award” e il tema 2017 “Let’s get emotional…urban poetry”, «dove le soluzioni di imballaggio e i prodotti vincenti sono stati premiati per la capacità di saper rendere concreta l’emozione suscitata da un packaging, dalla texture di un prodotto o dalla sua fragranza, guidando il processo decisionale di acquisto».
Indicazioni e suggestioni sul nostro sito www.dativoweb.net.
Un comparto industriale avanzato e sensibile, dunque, che non si è lasciato scappare l’occasione di ragionare sui temi che riguardano la digital manufacturing e la relativa gestione delle informazioni. Di Industry 4.0 in Italia si è parlato infatti in un incontro domenicale sorprendentemente partecipato, ospitato nello spazio Cosmo Talks. Coordinati dal giornalista de Il Sole 24Ore Luca De Biase, si sono avvicendati sul palco Massimiliano Oddi (Accenture), Daniele Vacchi (IMA Group), Luca Tomesani (Università di Bologna), Thomas Berloffa (Iconodrome). Tutti, a vario titolo, hanno esortato a guardare al “4.0” come a una nuova dimensione culturale, dove le tecnologie esistenti che regolano l’automazione di fabbrica hanno raggiunto una decisa maturità e consentono di digitalizzare i processi produttivi. Ma, oltre alla consapevolezza dei vantaggi in termini di produttività che possono derivare da questo nuovo status, resta comunque prioritario trovare “una via Italiana” originale, che tenga conto delle specificità del nostro modo di fare impresa e produzione, senza perdere quindi le competenze dei cluster guadagnate nel tempo.

 

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