Sostenibilità. il punto di vista di COOP
I grandi player della GDO come motore di innovazione anche per quanto riguarda la sostenibilità, che è certo un fine, ma soprattutto un valore che permea ogni azione, dalla presentazione di un prodotto a scaffale alla gestione dei fornitori. Intervista a Chiara Faenza, responsabile sostenibilità e Innovazione Valori per Coop.
M. Costanza Candi, Luciana Guidotti
Chiara Faenza - Responsabile Sostenibilità e Innovazione Valori per Coop
Sono decenni che Coop lavora con e per i soci per sviluppare progetti di sostenibilità. Negli anni ’80 la definiva “educazione al consumo consapevole”, gettando le basi di una costante del percorso del grande retailer cooperativo: la capacità di anticipare le tendenze ispirate ai temi della sostenibilità, appunto, declinata come un concetto esteso a economia, società e ambiente.
In questo contesto, il packaging ha sempre giocato un ruolo chiave per Coop, che ha trainato i propri fornitori, spronandoli ad avere un’attenzione specifica ad aspetti come etichettatura trasparente, riciclabilità dei materiali, progettazione e design consapevole, tutti adottati come standard interni, ben prima che fossero normati da direttive comunitarie e/o nazionali. Ne abbiamo parlato con Chiara Faenza, responsabile Sostenibilità e Innovazione Valori per Coop. Ne abbiamo parlato con Chiara Faenza, responsabile sostenibilità e Innovazione Valori per Coop.
Fare da volano tra fornitori, partner ed end user
La sostenibilità tocca molti aspetti all’interno di una organizzazione come Coop, dove i prodotti a marchio sono determinanti nella strategia di vendita e diventano traino di valori, qualità, standard anche per i fornitori. Le ricadute si estendono sull'esposizione a scaffale, sull’etichettatura che è il mezzo più immediato per stabilire un contatto con il consumatore, la logistica, esprimendo una circolarità che disegna un vero e proprio new deal.
Nella logica di coinvolgimento e sensibilizzazione di fornitori e consumatori, siamo partiti nel 2006 con un progetto ispirato al Protocollo di Kyoto, a cui aderirono inizialmente 30 fornitori, che venivano simbolicamente premiati sulla base della compilazione di un questionario cartaceo. Dal 2015, abbiamo digitalizzato il percorso, per ampliare sempre più l’accesso all’iniziativa, che per Coop è un modo per disegnare un percorso green, a cui i nostri fornitori di prodotti a marchio, possono aderire. Le tematiche di sostenibilità spaziano oggi dalla riduzione delle emissioni a quella degli sprechi di risorse (materiali, acqua, energia…). Tema, quello dello spreco, a cui, da Expo in poi, dedichiamo una menzione speciale per i fornitori. Dal 2019, inoltre, abbiamo inserito anche gli imballaggi, guardando alla circolarità, alle scelte virtuose, ai consumi e introducendo menzioni speciali per chi si è impegnato in questo ambito. Le premiazioni sono eventi pubblici che coinvolgono i fornitori in modo sempre più forte, contribuendo a innestare tra loro un circolo virtuoso di costante miglioramento.
Coop4Future, questo il nome, è una manifestazione evoluta seguendo la sensibilità ai temi ambientali guidati dalle grandi conferenze sul tema: prima, infatti si chiamava Coop4Kyoto, oggi Coop4Future. Il prossimo appuntamento è nel 2022, quando amplieremo sempre di più i temi su cui i nostri fornitori si devono cimentare: la partecipazione è volontaria, ma è significativo che su 500 aziende, all’ultima edizione abbiano aderito in 370. Coop determina un percorso, con linee guida che i nostri fornitori a marchio seguono, per andare nella direzione di una sempre maggiore sostenibilità. Un percorso in trasformazione dove non esiste la scelta perfetta, ma vanno messe a fattor comune, safety, sostenibilità economica, ambientale e design. Spingiamo quindi per una cultura di sistema che per noi è storia, ma è anche un seme coltivato per un futuro di packaging consapevole e sostenibile.
Green deal: prima i valori, poi il marketing
Con il coinvolgimento delle aziende del suo ecosistema di prodotti a marchio, Coop dimostra che la sostenibilità è un tema il cui valore è ormai pienamente assunto dall’opinione pubblica, a cui i grandi player della GDO rispondono con l’estensione dei concetti green a tutta la filiera, per rispondere alla sensibilità del consumatore da un canto, ma stimolandone anche cultura e bisogni dall’altro.
La GDO è ormai un trait d’union fondamentale tra mondo del consumo e della produzione industriale: molte richieste dei consumatori “tornano” alla produzione primaria, dopo aver recepito gli stimoli che arrivano dalla GDO stessa. Una dinamica che appartiene a Coop, che governa il processo fin dalle prime fasi dalla produzione, per arrivare all’industrializzazione del prodotto a marchio e al packaging, in un percorso coerente per valori e standard, dove contenitore e prodotto sono una cosa sola.
Questo percorso integrato arriva al consumatore attraverso la GDO, che funge da “cerniera” in un circolo virtuoso, che per noi ha anche una valenza sociale, poiché crea relazioni. Non a caso sviluppiamo da sempre una progettualità che coinvolge, su base nazionale, stakeholder privati, ong, soggetti pubblici, sfruttando al meglio il nostro vero punto di forza: la base sociale. Dialoghiamo infatti con oltre 6 milioni e 400 mila soci consumatori… persone che chiedono e agiscono, anche condizionando le scelte di Coop. Non dimentichiamoci, d’altronde, che un retailer cooperativo come noi include per sua natura valori fondanti tra i quali c’è la sostenibilità, messa sullo stesso piano della tutela della salute, delle persone, del consumo consapevole e della protezione dell’ambiente. Ecologia e sostenibilità esprimono di fatto concetti diversi, dato che la seconda è basata su tre pilastri: ambientali, sociali ed economici. Un prodotto, infatti, è sostenibile se viene venduto, stando solo sullo scaffale non fa cultura e quindi è insostenibile.
Economia, ecologia ma anche sano pragmatismo
La riflessione di Chiara Faenza si sposta dunque sulla logica che deve sottendere alla sostenibilità: l’attenzione a questi temi, per Coop, è funzionale a un modello di sviluppo che è economico ma anche etico e con attenzione al sociale.
Facciamo scelte che sono davvero calate nel contesto produttivo e di consumo in cui operiamo. Pensiamo ad esempio, alle bottiglie dell’acqua, dove una nostra referenza è realizzata al 100% di plastica riciclata, o ai liquidi per detergenza casa e tessuti per cui abbiamo scelto materiale riciclato in varie percentuali; un approccio che abbiamo esteso alle bevande gassate, che hanno come minimo il 30% di riciclato. E si tratta di plastica che può essere conferita in un unico punto di raccolta, rientrando nel percorso di circolarità del recupero.
Se pensiamo all’impiego di materiale di confezionamento compostabile, invece, la scelta è ricaduta su prodotti come il caffè: raccoglierlo nell’umido, in un solo punto di conferimento, è senz’altro più semplice per il consumatore, a cui offriamo quindi un prodotto ma anche un servizio. Altro esempio calzante di questa strategia, sono i bollini dell’ortofrutta sfusa, di cui siamo i principali venditori a livello nazionale: anch’esse compostabili, possono tranquillamente essere raccolte con il residuo umido.
Da inizio 2020, i sacchetti del pane venduto nei punti vendita sono tutti monomateriale a base cellulosa, per essere smaltiti in una sola filiera. Se guardiamo poi all’imballaggio riutilizzabile, abbiamo una serie di casi interessanti, come l’uso di cassette con pareti abbattibili per la frutta, un concetto questo che, una volta testato con successo, è stato trasferito al mercato ittico, dove abbiamo sostituito i contenitori in polistirene, risparmiandone ben 300.000 unità.
Secondo Chiara Faenza, la scelta di qualunque packaging deve essere mossa da una riflessione che unisce più aspetti: rispetto dell’ambiente, funzionalità, marketing, food safety, riciclo, fine vita. Non servono quindi scelte emotive che escludano un materiale e ne favoriscano un altro, ma riflessioni razionali che mettano a fattor comune i citati pilastri della sostenibilità e considerazioni funzionali, legate alla vita di tutti i giorni e all’uso che si fa del prodotto in ogni fase.
In questo ambito, possiamo dire che Coop è stata una testa di ponte, iniziando nel 2007 con quella che chiamavamo “etichetta ambiente”, che spiegava come riciclare, dando al consumatore un ruolo di protagonista consapevole, ma fornendo anche informazioni aggiuntive in ottica di trasparenza. Beh, dal settembre 2020 è diventata norma, la cui attuazione è prevista da gennaio 2022. Con le nostre etichette, cerchiamo di valorizzare il contenuto informativo: parliamo di materie prime riciclate, sfridi di lavorazione, fonti rinnovabili, perché anche questo livello di comunicazione aiuta il consumatore a compiere una scelta consapevole e non solo emotiva.
Un impegno circolare, fra formazione e comunicazione
La consapevolezza del consumatore è un punto imprescindibile per Coop: non è un caso che organizzi attività di “educazione al consumo consapevole”: svolti nei punti vendita, portano all’opinione pubblica quello che per l’azienda è espressione di valori, trasmessi attraverso scelte tecniche (come le etichette), strategie produttive (come la scelta dei materiali per un packaging sostenibile) e suggestive campagne ADV (come quella dedicata alle Api, ai “Buoni e Giusti”, al “Carrello che vuole cambiare il mondo”). Un impegno “circolare” che tocca tutti gli aspetti, incluso quello normativo.
Coop è infatti tra gli stakeholder che stanno lavorando per il recepimento a livello nazionale della Direttiva SUP sulle plastiche riciclabili. Un impegno, che dimostra come sia indispensabile la compartecipazione dei settori coinvolti alle decisioni politiche, specialmente quando impattano in modo così significativo su intere filiere.
Sostenibilità del packaging significa infatti, ricerca di nuovi materiali, studio di design innovativi e “responsabili”, comunicazione ad hoc che ne sottolinei le caratteristiche, marketing. Una varietà di aspetti, su cui Faenza espone la visione del retailer cooperativo:
Siamo sempre stati bravi a fare più che a raccontare, ma ora in Coop abbiamo chiaro che la sostenibilità sia fattore di differenziazione e fondamentale anche per la vendita. Nel Rapporto Coop 2020 era emersa l’attenzione dei consumatori a imballaggi e sostenibilità. Parliamo di un anno in cui la pandemia ha spinto fortemente la richiesta di prodotto imballato. Per quanto contraddittoria, questa dinamica dimostra che il consumatore è consapevole e va semplicemente orientato, con una comunicazione dedicata. Per noi però, non si tratta solamente di marketing ma anche di spinta al consumo consapevole, tema su cui Coop si impegna con i contenuti ispirati alla sostenibilità, rispondendo così ai bisogni del consumatore in senso lato. È fondamentale continuare a seguire l’evoluzione di materiali, tecnologie, normative e guidelines a livello mondiale ed europeo. Mi ricollego qui agli SDGs (NDR: Sustainable Development Goals) dell’Onu, alle indicazioni della Commissione, che dimostrano come prodotti e sostenibilità siano dei poliedri, che toccano tematiche diverse, ma tutte interconnesse. Serve quindi trovare il punto di equilibrio tra i tre pillar della sostenibilità.
Il packaging parla con il territorio e alla società
Per Coop quindi, sostenibilità del packaging e del prodotto sono un unicum, dove il dialogo tra consumatore, GDO e mercato è costante, coinvolgendo tutela dell'ambiente, rispetto per il territorio, sicurezza, socialità, fino a comporre un circolo virtuoso che descrive i nuovi stili di vita e di consumo guidati dai grandi player, che ne sono a loro volta condizionati e non da ora.
Posso ricordare azioni che, nei primi anni ’80, promuovevano la raccolta degli shopper in plastica, che noi già allora vedevamo come un elemento da non disperdere nell’ambiente. Negli anni ’90 facemmo una campagna sulla corretta raccolta di rifiuti e imballaggi, in tempi in cui, per entrambi gli esempi, nessuna normativa e nemmeno l’opinione pubblica, chiedevano qualcosa di simile.
Molto più di recente, nel 2021, abbiamo installato dei Seabin. Si tratta di cestini per rifiuti utilizzati come raccoglitori galleggianti, posizionati nelle acque di fiumi e laghi in Italia. La collocazione è avvenuta durante eventi pubblici, che hanno coinvolto i soci e le istituzioni in momenti di sensibilizzazione, pensati come vere e proprie azioni sul territorio. Con la sponsorizzazione del Jova Beach Tour del 2019, abbiamo lanciato le bottigliette con plastica riciclata al 30% che sono state raccolte dai volontari durante i 17 concerti e usate poi per realizzare delle magliette. Infine, non va dimenticata la bottiglia da 1 litro realizzata con il 100% di plastica riciclata, che abbiamo a scaffale con due referenze, acqua naturale e gassata, che possiamo realizzare oggi grazie alla normativa modificata nell’ultimo anno.
Nel 2018 abbiamo aderito alla Pledge Campaing nell’ambito della Plastic Strategy della Commissione Europea: siamo l’unico player italiano tra i primi 107 firmatari della Circular Plastic Alliance: oggi siamo 293.
Anche il ruolo di Ambasciatore della Carta Etica del Packaging va in questa direzione e lo consideriamo sia un punto di partenza che di arrivo. D’altronde, la nostra attività di divulgazione non è stata “una linea retta”, ma un cerchio, che torna su sé stesso, riproducendo la logica della circolarità infinita alla base della sostenibilità. Per noi, aderire ai concetti della Carta Etica significa quindi fare rete, creare sinergie e relazioni di medio e lungo periodo, non certo “mordi e fuggi”: uno stile che appartiene a Coop da sempre e che mostra la piena condivisione dei concetti espressi dagli estensori della Carta e della Fondazione che la promuove. Insomma, sostenibilità a tutto tondo, dal contenuto al contenitore, che non vanno separati ma devono essere portatori degli stessi valori.