La scienza delle superfici e l’analisi GD-OES
Strumenti e metodologie di ultima generazione consentono di conoscere sempre più a fondo i materiali di confezionamento e le possibili interazioni con il contenuto. Laminazione Sottile descrive le potenzialità di GD-OES, metodo spettroscopico per l’analisi quantitativa di metalli e altri solidi non metallici, applicato allo studio della chimica delle superfici.
Francesco Bravaccino, Anthony Ipock, Ciro Sinagra
Laminazione Sottile Spa - R&D Dpt
Lo studio dei materiali e dei fenomeni che accadono sulla loro superficie sta suscitando il vivo interesse della comunità scientifica.
A titolo d’esempio, tra i diversi fenomeni, ricordiamo i comportamenti idrofili o idrofobi delle superfici rispetto a un liquido polare come l’acqua, o apolari come molti liquidi organici.
Questi effetti dipendono dalla microgeometria della superficie dei materiali, ma vengono influenzati soprattutto dalla chimica delle superfici.
I fenomeni di adesione di un coating polimerico su una superficie di supporto sono l’esempio più classico di interazione tra materiali diversi e vengono “governati” dai fenomeni fisico-chimici che avvengono all’interfaccia.
Comprendere la chimica delle superfici diventa così fondamentale per addentrarsi nell’affascinante materia che prende il nome di “Scienza delle superfici”.
Figura 1: GD-OES Profiler 2 di Horiba Scientific. Figure 2.1 e 2.2: Foto e schema del funzionamento dello strumento GD-OES Profiler2. |
In questa sede vengono descritte le potenzialità della tecnica analitica nota con il nome di GD-OES (Glow-Discharge Optical Emission Spectroscopy), un metodo spettroscopico per l’analisi quantitativa di metalli e altri solidi non metallici (figure 1, 2.1 e 2.2).
Grazie a un plasma che erode la superficie del campione solido in esame in modo controllato, è possibile analizzare 40 elementi chimici, facendo scansioni anche nanometriche, dalla superficie del campione in profondità.
Tale tecnica aiuta a comprendere le differenze in termini di concentrazioni di elementi chimici che possono trovarsi tra la superficie del campione e gli strati più interni (ad esempio ossigeno in superficie, elementi della lega che tendono a “migrare” in superficie o elementi caratteristici presenti negli strati di conversione chimica delle superfici).
Permette inoltre di caratterizzare, attraverso variazioni della chimica superficiale, anche materiali di diversa natura accoppiati tra loro (metalli placcati, rivestiti con coating e/o accoppiati con film di natura polimerica o inorganica).
L’analisi GD-OES offre enormi potenzialità anche nello studio dei materiali usati per l’imballaggio, che svolgono funzioni fondamentali nella protezione, conservazione e talvolta cottura degli alimenti, così da comprendere i fenomeni che avvengono sulle superfici e investigare sulle “possibili interazioni” tra il contenuto e il suo contenitore.
DUE ESEMPI PRATICI
Allo scopo di confermare l’efficacia della tecnica analitica GD-OES (descritta nell’articolo di spalla), riportiamo alcuni esempi.
1. Analisi di rivestimenti su laminati di alluminio destinati alla produzione di vaschette con coating, caricati con filler per l’incremento della shelf-life.
In un rivestimento interno per vaschette di alluminio verniciate con lacca poliestere termosaldante è stato aggiunto un filler contenente, tra l’altro, dello zinco.
Con tecnica GD-OES è stata analizzata la superficie per vedere la distribuzione e lo spessore del rivestimento contenente il tracciante Zn caratteristico del filler utilizzato.
In figura 3 è riprodotto il diagramma in cui si evidenzia la presenza dello zinco (curva blu intenso) che ha un’alta concentrazione in superficie con picco massimo a circa 5 nm.
La concentrazione scende rapidamente fino a stabilirsi su uno spessore di circa 20 nm, per poi assumere un plateau che si esaurisce a 110 nm.
Con tecniche analitiche diverse (esempio SEM e micro analisi EDS a raggi X) tale profilo non sarebbe stato evidenziato, in quanto i raggi X permeano il campione a profondità di circa 2-3 µm (valore di gran lunga più elevato rispetto allo spessore nanometrico che siamo stati in grado di valutare con tecnica GD-OES).
Figura 3: Diagramma profilometrico GD-OES degli elementi riscontrati su un campione di alluminio verniciato con lacca poliestere caricata con un filler contenente Zn. In blu intenso profilo dello Zn, in rosa dell’O, in verde dell’H, in nero il C e in arancio l’Al che si rileva sotto il coating dopo circa 80 nm. Figura 4: Esempio di diagrammi spessore/intensità sovrapposti di un rivestimento di conversione a base CrIII su un foglio di alluminio per capsule enologiche analizzato con tecnica GD-OES (RF-GD-OES Profiler 2 della Horiba), a grammatura di pretrattamento superficiale incrementali (Curva blu Cr1 - bassa grammatura; curva marrone Cr4 - alta grammatura). |
2. Analisi di un pretrattamento di superficie a base di fosfocromatazione (Cr+3) su laminato in lega di alluminio AA8011, destinato alla produzione di capsule per bevande alcoliche
La produzione di capsule enologiche ad altissima imbutitura (capsule Ø 30mm h=60mm) richiede un’ottima adesione delle vernici applicate con tecnologia sheet-coating sul laminato in alluminio a spessore 0.23 mm realizzato in lega AA8011.
Infatti, dopo la verniciatura in piano dei fogli di alluminio, il laminato è sottoposto a tre step di imbutitura per ottenere la capsula delle dimensioni sopra indicate.
Se l’adesione del coating non è sufficientemente alta, durante lo stress meccanico derivante dall’imbutitura, il coating rischia di staccarsi.
Sono stati analizzati, con tecnica ICP (Inducted Coupled Plasma) campioni trattati in bagno di fosfocromatazione a tempi crescenti, con l’obiettivo di sviluppare degli standard da utilizzare per analisi quantitativa del cromo.
L’indagine prevede l’asportazione in acido cloridrico dello strato metallico superficiale e analisi quantitativa dei mg/m2 del Cromo.
Gli stessi campioni sono stati sottoposti ad analisi GD-OES per ottenere il profilogramma dei diversi campioni e ricavarne una curva (grammatura VS spessore) da utilizzare per eseguire rapidamente controlli di processo su campioni a concentrazione incognita (figure 4 e 5).
Figura 5: Retta di taratura ricavata dalla correlazione dei valori di spessore misurati con tecnica GD-OES e grammature di strato di conversione base Cr+3 rilevate con tecnica ICP (per dissoluzione). È possibile notare una proporzionalità diretta delle due misure, con coefficiente di determinazione molto alto (>0.98). |
IN CONCLUSIONE
L’analisi GD-OES, associata ad altre tecniche di analisi fisiche (esempio energia di superficie mediante angolo di contatto con liquido polare e apolare) può fornire una serie di informazioni utilissime per analizzare e comprendere i fenomeni che avvengono all’interfaccia tra materiali di diversa natura chimica.
La semplicità dell’esecuzione dei test GD-OES, che non richiede preparazioni particolari del campione (es: solubilizzazione del rivestimento mediante attacchi chimici, puliture o metallizzazioni delle superfici dei componenti organici, ecc…), fa sì che le analisi possano essere condotte in tempi molto ridotti, con poco dispendio di personale ma ottenendo risultati analitici su scale nanometriche.
Tale tecnica si rivela fondamentale nelle analisi di rivestimenti nanotecnologici sia di natura organica che inorganica.
I principi della tecnica GD-OES Il fenomeno del bagliore al plasma è conosciuto sin dagli inizi del ‘900 con l’invenzione delle lampade a fluorescenza, che sfruttano il principio dell’emissione di luce di gas, generalmente nobili e inerti, quando sono attraversati da corrente elettrica ad alto voltaggio. Solo negli anni ‘80 il fenomeno è stato accompagnato a tecniche spettrofotometriche per analisi quantitativa di alta precisione, sino ad allora raggiunte con la spettrometria di massa atomica a fiamma e a ioni secondari (SIMS). Lo sviluppo di luce è causato dall’enorme differenza di potenziale generata ai capi della camera in cui è contenuto il gas dove, dal lato del catodo (positivo), vi è un accumulo di cariche elettriche negative, che formano una “guaina”. Tale accumulo di cariche porta il sistema a uno stato energetico altissimo ed è qui che ha luogo il bagliore e lo stato di plasma è tenuto stabile da una nube di elettroni secondari. Tali elettroni vengono utilizzati per bombardare la superficie del campione che rilasciano ioni degli elementi costituenti, che finiscono nel plasma. L’enorme quantità di atomi presenti in camera favoriscono una serie di urti a catena, portando le specie ioniche rilasciate a uno stato elettronico superiore, chiamato di “eccitazione elettronica”. Data l’instabilità di tale stato energetico, gli elettroni energizzati ritornano al loro stato naturale, rilasciando l’energia accumulata sotto forma di spettri di radiazioni elettromagnetiche (luce), caratteristica dell’elemento. Il plasma può essere utilizzato per erodere in profondità il campione strato per strato, portando all’eccitazione gli atomi in struttura. Tali elementi rilasciano a loro volta delle radiazioni elettromagnetiche caratteristiche degli elementi presenti (spettro di emissione) che è possibile collimare ad una griglia di diffrazione per indirizzare tale spettro a dei rilevatori ottici che ne misurano l’intensità e quindi la quantità. In aggiunta, i sistemi più recenti presentano un sistema interferometrico (chiamato DiP - Depth interferometric Profiler) con cui viene misurata al secondo la geometria del cratere sviluppato dalla tecnica man mano che progredisce in profondità. Quello che si ottiene è un diagramma delle intensità (o delle concentrazioni con opportuna calibrazione) in relazione con la profondità del campione, ovvero un profilo spettrale dimensionale. |
BIBLIOGRAFIA: - Thomas Nelis, Richard Payling - “Glow Discharge Optical Emission Spectroscopy: A pratical Guide-RSC Analytical Spectroscopy Monographs Series editor: N W Barnett, Deakin University, Australia - Royal Society of Chemistry, Cambridge, UK 2003. - Horiba Scientific - Fundamentals on RF-GD-OES GD training Part 1. - Ciro Sinagra - “Dalle nanotecnologie di pretrattamento alla verniciatura di nastri metallici” Convegno ANVER Nanotecnologie - Politecnico di Milano Aula Natta, 17 novembre 2016. - Ciro Sinagra, Francesco Bravaccino, Carla Velotti - “Foil in alluminio: focus sulle superfici” - ItaliaImballaggio n. 10/2016, Edizioni Dativo, pag. 16-20. |