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June 2002
Stefano Lavorini
Difficult to manage

All in all I can say I’ve been around, I’ve heard and seen a lot, and among the subjects that torment the Homo Faber who tend to I mix with, that of human resources comes up strikingly often. Often points of view do not coincide, this depending on the hierarchical rank of those concerned; all the same considering that we all interact with someone else in performing our tasks, in the end we all grieve as to our fate in some way. To be sure, for the most we are speaking of muttered admissions, nervous tics that betray the emotional reaction aroused by the topic, because in actual fact today a sort of conformism reigns, implying that noone is able to express themselves sincerely. Perhaps we can blame the long history of contempt for the person (debased in the role as production worker to be disposed of as befits the vested interest), now we are experiencing a moment in which we are led to profess respect and demonstrate commitment, at least pay lip service to “uprating human resources as a critical success factor”.
Nothing is at the same time more true and more false. Because, when all is said and done there have always been and there will always be “roguish entrepreneurs” and “workshy workers”, but as well as that well-intended people driven by great enthusiasm and great staying power, this on both fronts. I have seen poor devils (who, be it for pride or choice have spent themselves without regard for themselves or their dear ones) suffer the mediocrity and the convenience of the people they had around them. Cases in which superficiality and ignorance if not bad faith, surrounded those struggling to motivate choices governed by reasonableness, coming up against a total lack of interest to talk things over, in contempt of any consideration whatsoever of opportuneness or good sense.
Sacred heaven, how many barriers of stupidity and egoism do we have to knock down to be able to have “accomplices” with which to work on a project? A project that is only “criminal” in its wanting to be different, or that is the expression of individualities that refuse homologation to common convenience and habit.
In actual fact it is the most inept and the laziest who are not capable of drawing advantage from the enthusiasm and the spirit of sacrifice that powers the others; and it would already be good if the former, giving up on laying claim to their immense inexpressed talents, diligently agreed to form a team, avoiding working to the detriment of the general climate in a pitched battle, that also ends up by highlighting their own limitations.
At this point I start to suspect that “human resources” do not always want to be uprated. Despite this the way is marked out and one cannot conceive of doing without the willing involvement of all concerned in an enterprise. I can at any rate ensure you that, in the face of the arrogance and presumption of those who meanly, merely attend to their own paltry interests, there are many people of value who continue to work to build up their own and other peoples respect, despite off moments and moments of despair. People who want to carry on doing battle, to be able to in any case and with pride say, “ I am”.


G
irando e rigirando, ne ho sentite e viste tante, e tra i molti temi che angustiano l’Homo Faber che frequento, quello delle risorse umane ricorre con impressionante cadenza.
I punti di vista spesso non coincidono, in funzione del rango occupato nella scala gerarchica; eppure considerando che tutti interagiscono con qualcun altro nello svolgimento delle proprie mansioni, non c’è alfine alcuno che non abbia a dolersi della propria sorte. Intendiamoci, si tratta per lo più di ammissioni a mezza bocca, di tic nervosi che tradiscono l’emotività suscitata dall’argomento, perché oggi, in realtà, vige una sorta di conformismo che fa sì che nessuno riesca a esprimersi sinceramente.
Colpa forse di una lunga storia di disprezzo nei confronti delle persone (svilite nel loro ruolo di lavoratori a mezzi di produzione di cui disporre per proprio tornaconto), ora viviamo un momento in cui molti sono portati a professare rispetto e a dimostrare impegno, almeno a parole, nel “valorizzare le risorse umane come fattore critico di successo”.
Non c’è niente di più vero e di più falso allo stesso tempo. Perché a ben vedere ci sono sempre stati, e ci saranno, “imprenditori carogne” e “lavoratori lazzaroni”, ma anche, su entrambi i fronti, persone di buone intenzioni animate da grande entusiasmo e da grande capacità di sopportazione.
Ho visto poveri cristi (che, per scelta di orgoglio si sono spesi senza riguardo per se stessi e per i propri affetti) subire la mediocrità di convenienza della gente che avevano intorno. Casi in cui superficialità, ignoranza, se non malafede, circondavano coloro che si affannavano a motivare scelte di ragionevolezza, scontrandosi con il disinteresse al dialogo e al confronto, in dispregio di qualsiasi considerazione di opportunità e di buon senso.
Santa pazienza, ma quali e quante barriere di stupidità ed egoismo bisogna abbattere, per poter dire di avere dei “complici” con cui lavorare insieme a un progetto? Un progetto “criminoso” solo nel voler essere diverso, ovvero espressione di individualità che rifiutano di omologarsi alla comodità della consuetudine.
Di fatto sono proprio i più inetti e pigri a non sapersi avvantaggiare dell’entusiasmo e dello spirito di sacrificio che anima gli altri; e sarebbe già buono se i primi, rinunciando a rivendicare a sproposito talenti inespressi, si accodassero diligentemente a “far squadra”, evitando di operare a detrimento del clima generale in un “gioco al massacro”, che finisce per mettere in luce i loro stessi limiti.
Mi sorge a questo punto l’amaro sospetto che, non sempre, le “risorse umane” vogliano essere realmente valorizzate. Ciò nonostante la strada è segnata e non si può pensare di fare a meno, in azienda, del coinvolgimento consapevole di tutti.
Vi posso comunque assicurare che, alla faccia dell’arroganza e della presunzione di chi - meschinamente - guarda solo ai propri piccoli interessi, c’è tanta gente di valore che continua a lavorare per costruire il proprio e l’altrui rispetto, nonostante nervosismi e momenti di disperazione. Persone che vogliono continuare a dar battaglia, per poter dire, in ogni caso e con orgoglio, “io sono”.