italiaimballaggio
October 2002
Stefano Lavorini
Bananas, raspberries

We’re finished. I am not obviously speaking about the economic situation that, as everybody knows is flourishing, guaranteeing (!) fabulous share yields and safe jobs for all, nor am I speaking of the political picture that would deserve, owing to all the masterworks of heady talent, a critical and punctilious listing worthy of cinema lovers (and an Oscar for the most grotesque performance to go with it).
Rather, I have to impartially register a frightening mutation, that is leading mankind to take on vegetable-like features, if not in appearance, at least terms of behavior. The thing might not appear that shocking if we consider the familiarity we have with certain food items. All the same we should not underrate the fact that, under the peachskin of your average buffoon, one finds the rotting filth of a prolonged storage in the cellars of corruption and illicit profit, making the same particularly indigestible (to many).
What is more, what should one say about the all too many sellers of watermelon with high-sounding names – we don’t have it in for the category – that pass the italic tricolored cucurbital off as an affair reserved for the select few, experts in separating the pulp (keeping it for themselves) from the seeds (to be foisted off on others). A worthy side dish, to stay on the subject, is constituted by the variety of exotic fruit, consumable in all seasons and in all sauces, on condition that they are accompanied by the right user instructions in our language. The thing is that, chameleon-like as they are, they can take on the color that befits the occasion, finding themselves at ease in any boudoir or drawing room or, if need be, even in the kitchen. This as if, and there’s irony there, what our native soil can produce is not sufficient.
Ah yes …. In many of us there grows the nostalgia for the good times when we relished our home-grown raspberries with a dollop of icecream: daring in offering themselves up in a broad array of reds, always vying with each other in terms of genuineness and freshness, they nourished ideas and corroborating dreams, at times delirious yet rich in value and equity. Now, to be honest, raspberries are cultivated in the greenhouse and even if - one has to admit it - you can now always find them, after the cure of reality they hardly taste of anything anymore, they don’t know how to sell themselves and, alack, they don’t know how to arouse enthusiasm.
Other passions, from days gone by, very different from what we experience today in gulping down a sickly-sweet ready-made fruit salad, in which even the simple pieces of fresh banana are looked upon with suspicion. In truth I am worried! We are indeed becoming evermore numerous, evermore different and evermore ignorant. In truth this is confirmed by the TV that, with alarming homogeneity, cants the images of a market where one can find everything short of honesty and common sense. I fear that if things go on like this, everything will end up as fertiliser for the fields. And hence there is the risk that some desperate person (and here and elsewhere there are many) will make us eat raw meat. That ain’t the way things oughta be, no way.
Signed
Chance the Gardener


Siamo alla frutta. Ovviamente non parlo della situazione economica che, come noto, garantisce (!) rendimenti azionari da favola e certezza di lavoro per tutti, né del quadro politico che meriterebbe, per i tanti capolavori di spregiudicato ingegno, una rubricazione critica e puntigliosa da cinefili (con tanto di oscar alla comparsa più grottesca).
Piuttosto, debbo registrare con imparzialità una mutazione impressionante, che sta portando l’Uomo ad assumere sembianze vegetali, se non nell’aspetto, almeno nell’essere e nel modo di comportarsi. La cosa potrebbe non sembrare così rilevante, se consideriamo la familiarità che abbiamo con certi alimenti. Eppure non va sottovalutato che, sotto la buccia di pesca del buffone di turno, si cela il marciume di un prolungato stoccaggio nelle cantine della corruzione e dell’illecito profitto, che lo rende particolarmente indigesto (a tanti).
Cosa dire d’altronde dei troppi venditori di cocomeri dai nomi altisonanti - non se ne abbia a male la categoria - che spacciano la tricolorata cucurbitacea italica per un affare riservato a pochi eletti, esperti nel separare la polpa (tenendola per sé) dai semi (da propinare agli altri).
Degno contorno, tanto per restare in tema, è la varietà di frutti esotici, consumabili in tutte le stagioni e le salse, purché corredati dalle opportune istruzioni per l’uso nella nostra lingua. Il bello è che, camaleontici come sono, possono assumere di volta in volta il colore desiderato, trovandosi a proprio agio in qualunque salotto, o soggiorno o, all’occorrenza, anche in cucina. Come se, ironia della sorte, non fosse sufficiente ciò che ci dispensa la terra natia.
Eh sì… in molti cresce la nostalgia per i bei tempi in cui si gustavano lamponi nostrani con le palle di gelato: arditi nell’offrirsi in un ampio spettro di rossi, sempre in corsa nel superarsi per genuinità e freschezza, erano nutrimento per idee e sogni corroboranti, a volte deliranti ma ricchi di valori di equità. Ora i lamponi vengono coltivati in serra - lo dico per dovere di onestà - e anche se, bisogna ammettere, sono sempre disponibili, dopo questa cura di realtà non san quasi di niente, non sanno vendersi e, ahimè, non sanno entusiasmare.
Altre passioni, una volta, ben diverse da quelle che si provano oggi a ingoiare una macedonia dolciastra pre-confezionata, in cui anche semplici pezzetti di banana fresca vengono guardati con sospetto e tacciati di poca serietà.
Invero sono preoccupato! Stiamo proprio diventando tanti, diversi, e sempre più ignoranti. A ben guardare, ce lo conferma anche la TV che ci canta, con omogeneità impressionante, le immagini di un mercato in cui si può trovare di tutto, meno che onestà e buon senso.
Ho paura che se continua così, va tutto a concimare i campi. E allora c’è il rischio che qualche disperato (e ce ne sono, qui e altrove, tanti) ci farà mangiar carne al sangue. No bbuono e la cosa non sa’ da fa’.
Firmato
Chance il Giardiniere