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Still on the subject of the Italians
I recently read a piece written some years back titled A fresh look at the Italians [Nuovo discorso sugli italiani] published by Arnoldo Mondadori. In fact the author, Franco Ferrucci, in just over seventy pages, offers a critique of a very particular human condition: that of being Italian.
A critique that starts off by stating a point that few would put in doubt, that today as in the past being born in Italy is something of a mishap and that, consequently, the Italians get a great deal of relief and consolation out of talking badly about themselves, as a people and as a nation. This negative slant, though the writer sustains seems to veil a desire for superiority, expressed in reciting the exact opposite: no people in the world love themselves more than the Italians. And this includes actively speaking badly about oneself, seen as ever preferable to not talking about oneself at all. The underpinning axiom is that the Italian who criticises his own country can never really be wrong. An illustrious example of this is to be found in Leopardi who in his Discourses is cutting in his observations, but that despite that, concludes with an open and part ironic celebration of the good sense of a people, even used to not taking its own cynicism very seriously.
Surpassing that fact that historically, Italy was for a long period a literary creation, we being indebted to Dante, Petrarch and Boccaccio, underlining some of Ferruccis considerations would to me seem important. First and foremost, for the Italians, those that wield power are those that can ask questions: the teacher, the confessor, nowadays the TV quiz show host, the magistrate, In second place those that have power are those that can attack with impunity. Unfortunately these days in Italy striking examples of this, an evident distorsion of our notion of individual freedom, are not lacking in world of politics, as well as in showbusiness, where taking advantage of their impunity, people wish not to respond for their behavior and choices.
The Italian anomaly compared to the advanced European nations and the US (already clear to Leopardi) is in fact that the ruling classes hardly show themselves superior, culturally and humanly to the classes under them. In Italy it is as if the servants had got hold of the house keys and are trying to ape their masters in their gestures and habits. The stock figure has come to power, as has often happened in Italy; and the stock figure in power sooner or later causes an uproar. Hence we get to the central point: the Italian needs grandeur, otherwise he feels mutilated and incomplete. From this paradoxically derives his inclination to act the buffoon
As soon as the chance presents itself the Italians take on high aims; but after every defeat they have resuscitated the provident masks, in an immediate flight back to a vaudeville type comedy setting. A mediocrity that cannot be ignored for its lack of lustre: because the really mediocre instinct will do everything rather than represent itself, while the Italians are obsessed with staging their own shortcomings. And Ferrucci, ahead of his times, warns:
one has to get rid of all theatre transferred into the arena of life. We should learn to mistrust all that in Italy represents us on the various stages, be these theatrical or television
The Italian has to aboveall learn to tear off his mask, be this comic or tragic.
I will stop here. I recommend you carry on reading the piece if you want to get to know us better. It is worth ones while in dispelling those all too many, tawdry clichés.
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Ho letto di recente un saggio di alcuni anni fa intitolato Nuovo discorso sugli italiani (Arnoldo Mondadori Editore). Lautore, Franco Ferrucci, in poco più di settanta pagine, si propone di portare a svolgimento la critica di una condizione umana del tutto particolare: lessere italiano. Una critica che parte dalla constatazione, di cui nessuno sembra dubitare, che - oggi come in passato - nascere nel Belpaese sia un infortunio e che, di conseguenza, gli italiani ricavino gran sollievo e consolazione dal parlar male di sé stessi, come popolo e come nazione.
Tali conclusioni negative, però sostiene lo scrittore sembrano celare un desiderio di superiorità, che si esprime nella recita del suo contrario: non cè popolo al mondo che si ami maggiormente di quello italiano. E questo include come elemento attivo anche il parlar male di sé, che è sempre preferibile al tacere di sé. Lassioma di partenza è che litaliano che critica il proprio paese non può veramente aver torto.
Un esempio illustre in questo senso si ritrova in Leopardi che nel suo Discorso esprime osservazioni durissime, ma che, ciononostante, conclude con unaperta e in parte ironica celebrazione del buon senso di un popolo, abituato a non prendere sul serio neanche il proprio cinismo.
Sorvolando sul fatto che, storicamente, lItalia sia stata a lungo una creazione letteraria, di cui siamo debitori soprattutto a Dante, Petrarca e Boccaccio, mi sembra importante sottolineare alcune considerazioni del Ferrucci. In primis che, per litaliano, chi detiene veramente il potere è colui che può fare le domande: linsegnante, il confessore, oggi, il conduttore televisivo di giochi a quiz, il magistrato. In secondo luogo che ha potere chi attacca impunemente. Di questo, che è unevidente distorsione della nozione di libertà individuale, non sembrano mancare purtroppo anche oggi esempi eclatanti nel mondo della politica, così come in quello dello spettacolo, in cui approfittando della propria impunità, si vorrebbe non dover rendere conto a nessuno del proprio comportamento e delle proprie scelte.
Lanomalia italiana rispetto alle nazioni avanzate europee e a quella americana (già chiara a Leopardi) è, infatti, che le classi dirigenti assai raramente si sono dimostrate superiori, culturalmente e umanamente, a quelle subalterne. Da noi è come se i servi si fossero impossessati delle chiavi di casa e cercassero di imitare i padroni nei gesti e nelle abitudini. La maschera è andata al potere, come tante volte è successo da noi; e la maschera al potere prima o poi causa un disastro.
Si giunge così al punto centrale: litaliano ha bisogno di grandezza, altrimenti si sente mutilato e incompleto. Da questo, paradossalmente, deriva la sua tendenza alla buffoneria
Appena è stato loro possibile, gli italiani hanno puntato assai in alto; ma dopo ogni sconfitta hanno risuscitato le provvide maschere, in una fuga immediata entro la scenografia comica della mediocrità. Una mediocrità così poco amata da non poter essere ignorata: poiché la vera istintiva mediocrità non cercherà di rappresentarsi, mentre gli italiani sono ossessionati dalla messa in scena dei loro difetti.
E Ferrucci, in anticipo sui tempi, ammonisce:
occorre sbarazzarsi di ogni teatro trasferito nellarena della vita. Occorre diffidare di tutto ciò che, in Italia, ambisce a rappresentarsi sulle scene, siano esse teatrali o televisive
Litaliano deve anzitutto strapparsi la maschera, comica o tragica che sia.
Mi fermo qui. Se siete curiosi di conoscervi(ci) meglio, vi invito a proseguire la lettura del saggio. Ne vale la pena per far giustizia di troppi, noiosi luoghi comuni.
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