March 2002
Luciana Guidotti
Changing perspectives

Said a wise man, maximizing the philosophy of a human existence in but a few short words: “life, more than life, more life”.
We will strive to interpret this. He meant that, going from the concrete to an abstract level (where the human mind is freed from the limits imposed by materials and technology), the state of full feeling and emotional freedom capable of opening the mind can be attained, to then return to the concrete nature of the real world with a heightened sensibility. Unconsciously following these suggestions one day a group of people decided to carry out an exercise, somewhat neglected these days to say the truth: half-way between a brain- and a beer storming, taking time away from everyday cares they started to reflect. This also partly for fun, being amazed even at their own ignorance, happy with each small, new find.
Making an effort to shift their viewpoint, they decided to rewrite a tale already known to them in new words, in which, little by little, an idea of information that arouses curiosity, doubts, irritation, smiles takes shape.
Object of the reflection: Packaging, immersed in a network of relations and thoughts so as to take on the surprising traits of unknown objects, to be looked at anew. Still to be consumed, thrown away, perhaps crushed with rage but, when it comes down to it, to be lived through. Now, leafing through the pages of the magazine impackt*, those persons propose the same to others as a tool, convinced that reflecting on packaging (“universal language”, “phenomenon to be researched into”, “means of expression to be shared”) is a way to understand modes and motivations related to consumption, the unsuspected desires or the anxiety to possess that lies concealed in all of us.
This is how things stand. This is why, well beyond the material nature of the product and the physical nature of the production process, packaging for Impackt is a sign to be interpreted, a trait d’union between man, goods and the world at large. And in its obviousness, in its being under everyone’s gaze, it appeals to us, alluding to new sense and new meaning. It is up to us to discover the same.

D
iceva un saggio, massimizzando in poche e concise parole il pensiero di un’esistenza: “vita, più che vita, più vita”.
Azzardiamo un’interpretazione. Egli intendeva che, passando dalla concretezza al piano dell’astrazione (dove la conoscenza si libera dai limiti imposti dalla materia e dalla tecnica), si può raggiungere una pienezza del sentire e una libertà emotiva capaci di aprire la mente, per ritornare poi alla concretezza del reale con una sensibilità più ricca. Seguendo inconsapevolmente queste suggestioni, un giorno, un gruppo di persone ha deciso di praticare un esercizio, di questi tempi, a dire il vero, un po’ trascurato: a metà fra un “brain” e un “beer” storming, rubando tempo alle cure quotidiane, si sono messe a riflettere. Divertendosi pure, lasciandosi stupire perfino dalla propria ignoranza, felici di ogni piccola nuova scoperta.
Sforzandosi poi di spostare lo sguardo un po’ più in là, hanno deciso di riscrivere con parole diverse un racconto già conosciuto nel quale, a poco a poco, ha preso forma un’idea di informazione che sollevasse curiosità, dubbi, fastidi, sorrisi.
Oggetto delle riflessioni: l’imballaggio, calato in una rete così fitta di relazioni e di pensieri, da assumere i tratti sorprendenti di oggetto sconosciuto, da guardare con occhi diversi. Sempre da consumare, buttare, magari da schiantare con rabbia ma, in fin dei conti, comunque da vivere.
Oggi, sfogliando le pagine della rivista Impackt*, quelle persone la propongono ad altri come nuovo strumento, convinte che riflettere sul packaging (“linguaggio universale”, “fenomeno da indagare”, “mezzo espressivo da condividere”) sia un modo per capire modalità e motivi del consumo, i desideri insospettabili o le ansie di possesso che ognuno di noi nasconde.
Ecco, come stanno oggi le cose. Ecco perché, ben oltre la matericità dei prodotti e la fisicità dei processi produttivi, il packaging per Impackt è un segno da interpretare, un trait d’union tra gli Uomini, la Merce e il Grande Mondo. E nella sua ovvietà, nel suo essere sotto gli occhi di tutti, ammicca, alludendo a nuovi sensi e a nuovi significati. Sta a noi scoprirli.

Impackt Contenitori e Contenuti è la nuova rivista pubblicata da Edizioni Dativo Srl, con il contributo fondamentale di Sonia Pedrazzini e Marco Senaldi, direttori editoriali del quadrimestrale.
Il primo numero - “Il Packaging Pensante” - raccoglie i contributi di uomini e donne di cultura che hanno osservato l’imballaggio da prospettive eccentriche. E ce n’è a sufficienza per far nascere il sospetto che non se ne sappia ancora abbastanza.
Impackt Containers & Contained is the new magazine published by Edizioni Dativo Srl, with the fundamental contribution of Sonia Pedrazzini and Marco Senaldi, editorial directors of the four-monthly magazine.
The first issue - “Thinking Packaging” - collects together the contributions of both men and women of culture that have observed packaging from eccentric viewpoints. And there is enough there to confirm the suspicion that we still do not know enough on the subject.