September 2000
L’Alchimista
The Alchemist

Massima flessibilità
Maximum flexibility

Un pack per la grande distribuzione
A pack for broadscale distribution

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The experience of advertising

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L’importanza del non food
La grande crescita degli ipermercati italiani appare sostenuta, in primo luogo, dai prodotti non alimentari. Fra gli altri, spiccano gli elettrodomestici che, anche grazie a massicce dosi di promozione, rappresentano ormai il 13% del fatturato di settore e crescono di un 20% annuo (il doppio degli alimentari). A due cifre anche l’incremento dei prodotti per la casa e della persona, che segnano rispettivamente un 12,3% e un 14,1%, mentre i tessili, che costituiscono il 10% delle vendite negli ipermercati, registrano un aumento della domanda del 13%.
Anche nei supermercati, dove l’assortimento ha subito una drastica ristrutturazione, è aumentato il peso del non food, con l’introduzione di nuove merceologie (tessile, piccoli elettrodomestici, prodotti per la casa e per l’auto) che marciano al ritmo del +13,1%. Accanto ad essi cresce l’importanza degli alimentari freschi.

The importance of non food
The huge growth of the Italian hypermarkets appears to be fostered on the one hand by non food products. Among other things one has household appliances that, thanks to massive promotion, by now account for 13% of turnover of a sector that is growing 20% per year (double that of food). The increase of household and bodycare products has also hit double figures, respectively standing at 12.3% and 14.1% while textiles, that account for 10% of sales in the hypermarkets, register a 13% increase in demand.
The weight of non food products has also increased in the supermarkets where the assortment has been drastically restructured, with the introduction of new merchandise categories (textile, small household appliances, household products and products for the car), that run at a rate of +13.1%. Alongside these the importance of fresh produce is also growing.

Grazie ai prodotti a marchio proprio e a un riassortimento che apre con più decisione al non alimentare, la grande distribuzione italiana macina quote e riduce il divario con i giganti stranieri del trade. Che chiedono al packaging prestazioni sempre più specializzate: spunti e idee da Futurpack 2000. Luciana Guidotti

Secondo i dati Istat e Iri-Infoscan elaborati dal Sole-24 Ore, negli ultimi sei anni (1995-2000) il giro d’affari della grande distribuzione italiana è passato, con un balzo da gigante, da 75,2 a 121mila miliardi di lire (da quasi 39 a oltre 62 miliardi di Euro). Sempre stando alle rilevazioni, lo sviluppo degli ipermercati sta ulteriormente accelerando rispetto al ritmo già sostenuto del ’99, prefigurando una crescita superiore al 13%, mentre dal canto loro i supermercati riprendono slancio (con un tasso di sviluppo doppio rispetto al 99) e persino le superette di quartiere ricevono nuovo impulso. Unica nota stonata: l’andamento degli hard discount, che si profila in calo (-1% ca.) nonostante gli sforzi per rendere l’assortimento più appetibile.
Bastano poche cifre per definire l’importanza che il trade riveste in un’economia avanzata, segnato dalla trasformazione delle catene distributive in società complesse che commercializzano anche beni a marchio proprio (piuttosto che prodotti finanziari e altri beni immateriali) e, più di recente, dalla progressiva conquista di spazi da parte dei prodotti non alimentari.
Sono queste le caratteristiche di un comparto divenuto via via più esigente man mano che acquisiva potere ed esperienza. E che ai produttori di imballaggi avanza richieste sempre più mirate sui propri (molteplici) bisogni e su quelli del consumatore. Ne hanno parlato al Futurpack 2000 di Lille, al principio dell’estate, i produttori internazionali di beni di largo consumo (perlopiù incarnato nei manager delle filiali francesi) e le grandi catene di distribuzione d’Oltralpe. Ecco alcuni spunti emersi dal dibattito a cui abbiamo partecipato in veste di sponsor.

Obiettivo “Zero stress”
Oltre che “environmental friendly” l’imballaggio dovrebbe - cortesemente - essere anche “consumer friendly” (a meno che non si proponga come priorità altri obiettivi, come la sicurezza garantita dalle famigerate chiusure “a prova di bambino”). È quanto affermano gli esperti e rilevano le indagini di mercato, che - inascoltate - cantano l’ira di un consumatore costretto a misurarsi con imballaggi e chiusure scomodi e irrazionali.
I più arrabbiati sembrano essere gli over60 (guarda caso, il grande target dell’immediato futuro) che - riferisce il presidente di Senior Agency, Jean-Paul Treguer - faticano ad aprire i farmaci e a leggere le etichette, come a salire le scale. Così, il packaging dovrà fare ciò che han fatto, con immediato riscontro, i produttori di autobus con i gradini abbassati al livello del suolo che, oltre tutto, hanno fatto felici non solo gli anziani con problemi di gambe, ma anche le mamme coi passeggini, i viaggiatori con valige, ecc. Ecco, allora, in sintesi i suggerimenti degli esperti:
1) occorre in primo luogo identificare tutti i possibili elementi del packaging che potrebbero generare il rifiuto del consumatore (e quindi correggerli), afferma Gérard Benoist du Sablon, vice presidente d’Orgeco;
2) fra le soluzioni per vivere meglio, Stéphane Belot (Auchan Production) segnala quelle che interessano l’impugnatura delle confezioni. La grande catena francese, per esempio, ha dotato di prese adeguate i sacchi di terriccio e, più in generale, dichiara di seguire, per il packaging dei prodotti a marchio proprio, la filosofia del PEPSS (Plaisir, Environment, Praticité, Sécurité e Santé), dove Piacere sta per attrattività, Environment per riciclabilità, Praticità per facilità di apertura e Sicurezza equivale a solidità;
3) a proposito di praticità, Henri Bois di Minigrip coglie l’occasione per comunicare i plus delle confezioni dotate di apertura richiudibile Zipgrip, adottate anche da Bonduelle per la propria linea di surgelati. Secondo il produttore, il 65% dei consumatori ha scelto Zipgrip e il 96% ne ha percepito i vantaggi;
4) Philippe Davenne della Mc-Bride/Yplon focalizza invece l’attenzione sui prodotti chimici (per esempio detersivi), sottolineando come la legge abbia portato a intensificare la sicurezza delle confezioni, arrivando a proteggere la singola pastiglia e ad accentuare le misure per la sicurezza dei bambini. Mc Bride ha risposto a più livelli, incorporando dei componenti amari, adottando aperture che richiedono l’attuazione di due movimenti simultanei (che i bambini non sanno fare) e rinforzando la chiusura dei prodotti a rischio. E ora investe in R&S in previsione di una miniaturizzazione dei volumi e una concentrazione delle formule (il detersivo liquido per i piatti è passato da un formato medio di 1,5 l a 0,5 l), nonché di uno sviluppo dei monodose.

Meno imballaggio, più tracciabilità
Ma attenzione, anche in negozio l’imballaggio può produrre più stress di quanto sia accettabile e il criterio della semplificazione interessa a pieno titolo il trade. Questo infatti esprime una generale richiesta di packaging che semplifichi la vita a tutti i livelli della catena distributiva (dal trasporto, allo smaltimento degli imballaggi vuoti).
Le declinazioni sono innumerevoli. La nota insegna di abbigliamento sportivo Décathlon, per esempio, assegna una grande importanza al fatto che il cliente possa vedere, toccare e testare il prodotto e dichiara di perseguire l’ideale “zero imballaggio, zero manipolazione” (il prodotto deve arrivare in magazzino pronto per essere venduto). Qualche esempio di confezione a cui si può rinunciare? «La scatola delle scarpe, che dovranno essere disimballate per essere messe a scaffale», annota Jean-Noël Nicolazic e precisa: Il solo imballaggio buono è quello “intelligente”, ovvero che conferisce valore aggiunto, come il sacco del kimono o delle palle da golf.
Sempre con l’intento di snellire i flussi, in Auchan si sottolinea l’importanza di migliorare l’ergonomia e l’apertura degli imballaggi da trasporto, con particolare attenzione a evitare fatica e possibilità di ferite, nonché a guadagnare tempo prezioso. Ma si lancia anche un altro appello: bisogna migliorare la leggibilità delle informazioni sull’imballo, per consentire l’identificazione dei prodotti. Sembra incredibile, ma spesso non è così.
A pack for broadscale distribution
Thanks to own-brand products and to a reassortment including a greater proportion of non-food products, Italian broadscale distribution is expanding rapidly and closing the gap separating it from foreign giants. The sector shows an increase in the demand for evermore specialised products: suggestions and ideas from Futurpack 2000.

According to Istat and Iri-Infoscan data processed by Sole-24 Ore, over the last six years (1995-2000) the turnover of Italian broadscale distribution has leapt from 75.2 to 121 thousand billion Lira (from about 39 to over 62 billion Euro). According to the studies, the growthrate of the hypermarkets is accelerating beyond the already considerable rates for ‘99, giving for an estimated growth of over 13%, while on their side of things the supermarkets are picking up again (with a growthrate double that of 1999), even the small local superettes are benefiting. The only note off key: the run of the hard discounts, that shows a drop (approx -1%) despite efforts to make their assortment more appetising.
Only a few figures are required to define the importance that the trade places in an advanced economy, marked by the conversion of the distribution chains into complex companies that also trade own brand products (rather than financial products and other non material goods) and more recently by the progressive conquest of the non food products.
These are the characteristics of a segment that has become evermore demanding as it has acquired power and experience. And that is placing ever greater demands on the packaging producers, aimed at satisfying its own multiple requirements alongside those of the consumer. This was discussed at Futurpack 2000 at Lille at the beginning of the summer by the international producers of broadly consumed goods (for the most represented by the managers of the French branches) and the huge French distribution chains. Here are some points that emerged from the debate in which we took part as a sponsor.

Objective “Zero stress”
As well as being “environmentally friendly” packaging should - dare one say - also be “consumer friendly” (as long as this does not clash with other objectives such as the guaranteed safety of the renowned “childproof closures”). This is what the experts state and what the market studies - for the most unheeded - reveal: this means we are talking of irate consumers compelled to grapple with badly designed packaging and closures. The over-sixties seem to be the most peeved (lo and behold, the main target group for the coming future) who - as president of Senior Agency Jean-Paul Treguer refers - have the same trouble in opening pharmaceutical products and in reading labels as they do in getting up the stairs. Thus, packaging should do what bus manufacturers have managed to do to immediate effect - lower steps to ground level, not only winning over the elderly that have problems with their legs, but also mothers with push-chairs, travellers with suitcases etc.
This, summing up, is what the experts suggest:
1) first of all the packaging elements that might possibly arouse customer refusal should be identified (and subsequently corrected) Gérard Benoist du Sablon, vice president of Orgeco, states;
2) among the solutions for general improvement, Stéphane Belot (Auchan Production) highlights those involving the grips of the pack. For example the French giant has fitted its bags of earth with suitably sturdy handles, and more in general, declares it is following the PEPSS (Plaisir, Environment, Praticité, Sécurité and Santé) principle in packaging its own-brand products; where Pleasure stands for attractiveness, Environment for recyclability, Practical usage for ease of opening and Safety for solidity;
3) as far as practical usage is concerned, Henri Bois of Minigrip takes the opportunity of communicating the plus points of its packs with reclosable Zipgrip openings, used by Bonduelle on its own line of frozen foods. According to the producer 65% of consumers have chosen Zipgrip and 96% have perceived its advantages;
4) Philippe Davenne of Mc-Bride/Yplon in turn focused attention on chemical products (for example detergents), underlining how the law has led to an intensification of the safety on packs, to the point of protecting the single pill and accentuating the measures for child safety. Mc Bride has responded on more than one level, incorporating bitter components, adopting openings that require the carrying out of two movements simultaneously (that children are not capable of performing) while reinforcing the closures of products at risk. And now it is investing in R&D in view of a miniaturisation of volumes and concentration of formulas (washing up detergents have gone from the average 1.5 l formats to 0.5 l formats) as well as the development of monodose units.

Less packaging, more traceability
But even in the shop too the packaging can produce more stress than is acceptable and the trade is fully interested in the criteria of simplification. This in fact expresses a general demand for packaging that simplifies the life at all levels along the distribution chain (from transportation, to the disposal of empty packaging).
Examples are numerous. The well-known brand of sportswear Décathlon, for example, gives great importance to the fact the customer can see, touch and test the product and declares it is pursuing the ideal of “zero packaging, zero handling” (the products have to reach storage ready for sale). Some idea of packs that can be jettisoned? «Shoe box, the shoes are unpacked prior to being put on the shelf», Jean-Noël Nicolazic states and goes on to say: the only good piece of packaging is “intelligent” packaging or that is packaging that confers added value, such as the bags for the kimonos or golf balls.
Still with the idea of streamlining the flow of things, Auchan underlines the importance of improving the ergonomy and the opening of the transport packaging, paying particular attention to avoiding stress and possibility of injury as well as gaining precious time. But another appeal is also being launched: one has to improve the readability of the information on the pack so as to enable the identification of the products. It seems incredible but this is often not the case.

Euro & pack
L’Euro è imminente e ancora non si sa (in parte è inevitabile) che cosa potrà accadere dopo il fatidico gennaio 2002. L’impatto psicologico dei nuovi prezzi sul consumatore si prefigura come determinante e nessuno è in grado di prevedere con un buon margine di certezza se prevarrà lo scenario ottimista o quello pessimista che dà per scontato un rallentamento dei consumi. Dalla tavola rotonda dedicata all’argomento (dove è intervenuto Marco Maggi, responsabile “Progetto Euro” della Coop Lombardia), emergono due consigli:
• se ritenete di dover effettuare dei rincari per mantenere il “prezzo psicologico” di un prodotto (l’equivalente, per intenderci, dell’attuale 999 lire in luogo di 1000) fatelo prima e per sei mesi mantenete fermi i listini, suggerisce Gérard Gallo di Télémarket. Obiettivo: non ingenerare nei consumatori la convinzione che ci si approfitti del cambio di valuta per aumentare surrettiziamente il prezzo delle merci;
• per salvare capra e cavoli (prezzo psicologico e margine di profittabilità), riducete il peso del prodotto, propone invece Maggi. Naturalmente solo dello stretto indispensabile, anche per non dover intervenire con costose modifiche sul packaging e sulle linee di confezionamento: è quanto ha in animo di chiedere la Coop a una serie di produttori. Un esempio? Gli snack al cioccolato a marchio Mars oggi pesano 21 g e in Italia sono venduti a 999 lire; con il “sistema Coop” domani costeranno solo 0,49 Euro (invece che 0,51 come suggerirebbe la calcolatrice) ma peseranno solo 20 grammi.
A livello generale possiamo solo aggiungere che la grande distribuzione francese sembrerebbe non aver ancora focalizzato adeguatamente le conseguenze dell’introduzione dell’Euro. Vedremo a breve se si è trattato di lungimiranza o serafica incoscienza.



Euro & pack
The Euro is imminent and one still doesn’t know (something that is to a degree inevitable) what might happen after the fateful January 2002. The psychological impact of the new consumer prices is seen as a determining factor and none is capable of foreseeing to any degree of certainty whether the optimistic or pessimistic scenario that takes a slowdown in consumption for granted will prevail. From the round table discussion on the subject (where Marco Maggi, head of Coop Lombardia‘s “Euro Project”, intervened), two pieces of advice emerged:
• if you feel you have to up the price in order to maintain a “psychological price” of a product (by which is meant the equivalent of 999 lire as opposed to 1000 lire) Gérard Gallo of Télémarket suggest, do it beforehand and freeze your prices for six months. Objective: avoid arousing the suspicion in the consumer that the currency change is being used as a cover for surreptitious price increases;
• to have it both ways (psychological price and profit margin) you are advised to reduce the weight of the product as Maggi proposes. Naturally only as much as necessary so as not to be forced to make costly modifications to the packaging and packaging lines: this is what the Coop intends asking its producers. An example? The famous Mars bar now weighs 21 g and in Italy is sold at 999 lire, with the “Coop system” in the future it will only cost 0.49 Euro (as opposed to the calculated 0.51) but will only weigh 20 grams.
At a general level we can only add that French broadscale distribution appears to have failed to adequately focus on the consequences of the introduction of the Euro. We will soon see whether this is to be put down to farsightedness or sheer lack of preparation.